Spirito libero

Madge Gill e Giulia Andreani, un sorprendente omaggio
di Irene Machetti

Una delle stanze più coinvolgenti di Foreigners Everywhere è l’ultima del Padiglione Centrale ai Giardini, in cui le stupende tele di Giulia Andreani dialogano con il maestoso lavoro di Madge Gill.

La Biennale Arte 2024 è costruita principalmente sulle diversità e sugli artisti outsider e il curatore Adriano Pedrosa nello scegliere le opere ha avuto il grande intuito di mettere in relazione due-tre artisti in ogni sala, così da creare un dialogo costruttivo e spesso intenso tra arte e vita dei vari autori. Una delle stanze più coinvolgenti e meglio presentate è l’ultima del Padiglione Centrale ai Giardini, in cui le stupende tele di Giulia Andreani dialogano con il maestoso lavoro Crucifixion of the Soul del 1936 di Madge Gill, dieci metri di disegno intensissimo, eseguito su una tela sottile in sequenze di quattro colori a penna, rosso, blu, verde, nero, un intreccio quasi tessuto e ricamato su cui prevale il disegno di faccine femminili bianche, affilate, evanescenti e fantasmiche, forse lo spirito guida dell’artista inglese da lei chiamato Myrninerest. Vita complicata e drammatica la sua, una gotica sfilza di tragedie che hanno segnato l’artista: figlia illegittima in epoca vittoriana, messa all’età di nove anni in orfanotrofio dalla madre, spedita adolescente in Canada a lavorare come domestica, maltrattata al punto da voler tornare in Inghilterra, accolta dalla zia e obbligata a sposare il cugino, da cui ha tre figli, dei quali uno vittima dell’epidemia di Spagnola e una nata morta dopo un parto terribile che l’ha quasi uccisa e resa cieca da un occhio. La zia, medium, la inizia allo spiritismo e alle pratiche medianiche che le hanno poi permesso di sostenersi economicamente, molto più della sua pratica artistica, nonostante avesse esposto in importanti musei e gallerie. Nel 1920 Madge inizia a dipingere senza sosta le sue celebri tele infinite, ispirata da Myrninerest e dal proprio dolore da lenire, riempiendo di tratti e pattern labirintici e intriganti ogni millimetro quadrato a disposizione. Pittura allucinante, liberatoria, forse pazza, ma decisamente salvifica.

Giulia Andreani, Pour elles toutes (Myrninerest), 2024 (part.) – Courtesy La Biennale di Venezia – Photo Matteo de Mayda

Ed ecco l’incontro tra questa vita travagliata e questa arte aggrovigliata con la pittura raffinata e monocroma di Giulia Andreani, che tributa un omaggio meraviglioso a Madge Gill nel dipinto Pour elles toutes (Myrninerest) a lei dedicato, in cui la ritrae intenta a riempire di segni e colori un foglio arrotolato. L’immagine è presa, come Giulia Andreani fa di solito, da una foto dell’artista inglese. Dietro di lei lavorano donne intente a cucire, a ricamare, a creare calzature. Qui si vedono riuniti i temi del lavoro di Andreani, l’unica artista italiana vivente invitata a questa Biennale. Andreani è affascinata dal lavoro di Gill, la vede come una grande rappresentante dell’Art Brut, che raccoglieva artisti rifiutati, emarginati e incompresi (e non a caso esattamente dal lato opposto del Padiglione sono esposte le opere di Aloïse, l’altra artista che ha passato gran parte della sua vita in manicomio ed era riconosciuta da Dubuffet come l’unica donna che potesse rappresentare l’Art Brut), e anche come un’antesignana del femminismo. La pittura raffinatissima di Andreani racconta la vita del lavoro femminile del passato rapportandolo al presente, usando lo stesso colore, il grigio azzurro Payne, gelido e freddo, per trasformare i dipinti in foto d’epoca, proprio come quelle cui l’artista veneziana s’ispira. Ecco allora Le fanciulle laboriose intente a cucire e ricamare, nato da una foto di epoca fascista, o il grande acquarello La scuola di taglio e cucito in cui seduta in primo piano si vede Giulia Maramotti, la madre del fondatore di Max Mara, come in una foto di scuola che sbiadisce ai lati.

Immagine in evidenza: Madge Gill, Crucifixion of the Soul, 1934 (part.) – London Borough of Newham Heritage and Archives – Courtesy La Biennale di Venezia – Photo Matteo de Mayda

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