Prestare ascolto

Caterina Barbieri, dal Padiglione Italia alla direzione di Biennale Musica
di Michela Luce

Nella cattedrale sonora ideata da Massimo Bartolini per il Padiglione Italia risuonano anche le composizioni di Caterina Barbieri, recentemente nominata alla guida del settore Musica della Biennale.

È un’esperienza immersiva quella che si vive varcando la soglia del Padiglione Italia nello spazio delle Tese delle Vergini all’Arsenale. Giocando sull’assonanza del titolo Two Here, due qui, acusticamente “to hear”, nell’intenzione del curatore Luca Cerizza il progetto si svela quale una sorta di viaggio all’ascolto che muta nel procedere lungo le tre navate di questa basilica del contemporaneo. Protagonista-artifex è Massimo Bartolini, toscano, classe 1962, a rappresentare l’Italia in occasione della 60. Biennale Arte. Grazie ad una collaborazione decennale con il critico d’arte Luca Cerizza, Bartolini ha ripensato questi luoghi come una sorta di labirintica cattedrale tripartita; lo scheletro centrale dei ponteggi diventa metafora sonora e parlante attraverso una foresta di tubi innocenti trasformati in organo apparentemente freddi e statici, che prendono vita grazie ai suoni che emettono via via in una melodia continua in la bemolle composta da Caterina Barbieri e Kali Malone, giovani talenti di un filone elettronico e sperimentale: si percorre questo viaggio verso la conoscenza, dove, come spiega lo stesso Bartolini, “prestare ascolto” è uno strumento per il miglioramento di sé stessi nel mondo. Proprio perché si tratta di un viaggio esperienziale, lo si può percepire nell’assoluto silenzio contemplativo di fronte alla piccola scultura in bronzo collocata in cima a una lunghissima canna d’organo raffigurante un Pensive Bodhisattva, una statuetta del Buddha solitaria in una stanza praticamente vuota, figura di un buddismo che non agisce ma pensa, che ha raggiunto l’illuminazione e invita all’ascolto dei suoni prodotti dall’organo che definisce un tempo sospeso, in un’attesa che indirizza lo spettatore al centro del percorso, guidandolo verso la piscina circolare.

Una vasca con potere ipnotico, che ha al suo interno un’onda pulsante che rapisce in una sorta di trance sensitiva e che nel suo cambiare la forma sembra voler alludere al movimento della vita. Una moderna e minimalista rivisitazione della fontana barocca, fulcro attrattivo delle piazze di un tempo quale luogo di convivialità, contrapposto alla foresta, simbolo di solitudine. Uscendo dall’intrico del labirinto si apre il Giardino delle Vergini, dove un coro a tre voci, campane e vibrafono, composto da Gavin Bryars insieme al figlio Yuri, canta ispirandosi al testo del poeta argentino Roberto Juarroz, raccontando di un essere umano che a seguito di una metamorfosi è divenuto albero, in un rapporto osmotico-panico con l’altro da sé ed è connesso al mondo attraverso le sue radici. Così, spiega Luca Cerizza, l’apparente immobilità del Bodhisattva diventa una forma più attenta di ascolto e di relazione. Tre spazi per tre diverse esperienze acustiche, laddove anche il silenzio diviene voce parlante rivolta alla mente. In sintonia col tema portante proposto dal curatore Adriano Pedrosa Stranieri ovunque, la lettura di Bartolini si inserisce perfettamente grazie all’idea di non essere straniero ed estraneo agli altri, partendo proprio dal non esserlo in primis verso sé stessi.

Immagine in evidenza: Padiglione Italia – Courtesy La Biennale di Venezia – Photo Andrea Avezzù

Massimo Bartolini racconta il suo Due qui / To Hear al Padiglione Italia

Lavorare con e non contro gli spazi, lontano dalla musealizzazione

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