Reinterpretando il linguaggio ormai classico di di Jim Dine (1935, Cincinnati, USA), caratterizzato da strumenti, cuori, autoritratti, Veneri e Pinocchi (i quali avranno una sala dedicata esclusivamente a loro), la mostra si configura come un viaggio che traccia la complessità di un’opera intima, radicata nella profonda conoscenza che l’artista possiede della storia dell’arte europea, in un’esplorazione poetica e incessante del linguaggio artistico e del sé.