Nei panni di Tintoretto

A Palazzo Ducale Kiefer riscrive la storia di Venezia
di Franca Lugato

Con una citazione del pensatore italiano Andrea Emo Capodilista (1901–1983) «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce», l’artista tedesco Anselm Kiefer (nato nel 1945 a Donaueschingen) titola la sua imponente e grandiosa presenza a Palazzo Ducale nell’ambito del progetto MUVE Contemporaneo 2022.

Una coraggiosa, coinvolgente e quasi titanica impresa artistica, realizzata nel periodo di pandemia, che subito evoca la monumentalità dei cicli pittorici degli antichi maestri di fine Cinquecento (Tintoretto, Veronese, Palma il Giovane, Vicentino e altri), chiamati nella ri-decorazione degli ambienti danneggiati dall’incendio di Palazzo Ducale del 1577.
Molto e bene è stato scritto su questa operazione site-specific dagli autorevoli autori del catalogo (Belli, Sirén, Settis, Donà…) e dalla stampa nazionale e internazionale che nei giorni dell’apertura della Biennale ha inaspettatamente attraversato le stanze di Palazzo Ducale ricche di storia e memorie del passato per raggiungere, alla fine dell’obbligato percorso di visita, la Sala dello Scrutinio completamente foderata dai grandi pannelli dell’artista tedesco.

A noi che siamo frequentatori assidui di queste stanze, mediatori tra il pubblico e i contenuti del Palazzo, quello più visitato della città, piace fare il giochino dei rimandi, delle connessioni, del dialogo tra l’opera così estremamente contemporanea di Kiefer e quella degli antichi maestri del passato che fino al mese scorso erano i visibili e indiscussi protagonisti. Una generica sintonia con la grande decorazione del Palazzo si coglie nel ciclo kieferiano già nel diffuso utilizzo dell’oro, oltre che la scelta dei grandi formati. Ma se guardiamo con attenzione scopriamo qualcosa di inedito che ci fa entrare in connessione e ci aiuta a creare un personale percorso, una mappa concettuale oltre che iconografica scaturita dalle conoscenze ed esperienze individuali.
Ecco la mia prima personale impressione: arrivando allo Sala dello Scrutinio dal Maggior Consiglio, dove in conclusione della descrizione di solito narro la storia del doge Marin Falier (unico doge della Repubblica di Venezia a essere accusato di alto tradimento, decapitato insieme agli altri cospiratori nel 1355), con il suo drappo nero a perenne monito, subito cerco il drappo dipinto da Kiefer sopra il grande finestrato dello Scrutinio che dà verso la Piazzetta. Nella parte alta della Sala, dopo aver percorso con lo sguardo il fregio con la fila di ritratti di dogi, che si interrompe con quello di Ludovico Manin deposto nel 1797, i miei occhi si spostano sui carrelli della spesa e tricicli sospesi di Kiefer, che oltre alle mercanzie hanno dei cartellini che riportano i nomi dei dogi, alludendo a una sorta di aulica processione. Ritorno indietro e sono rapita dalla bara aperta che rimanda alla storia del corpo di San Marco, alla leggenda dell’Inventio così ben narrata nei mosaici della Basilica, sopra una texture di archi che mi riportano alla cripta antica dove il corpo venne conservato e venerato per secoli. Mi giro di 180 gradi e sopra la grande Battaglia di Lepanto di Andrea Vicentino, che tanto colpisce di solito l’attenzione dei miei visitatori per l’attenta descrizione delle flotte navali rivali sulle grandi galee, riconoscibili dai vessilli posti sugli alberi maestri, Kiefer staglia un maestoso vessillo di San Marco, rosso e oro, su un fondo scuro di carbone che si squarcia di rosso sangue.

Nel registro inferiore, il Maestro tedesco immortala la facciata di Palazzo Ducale decomposta dal fuoco e fumo delle fiamme, quasi a ricordare i grandi incendi del passato e del presente che hanno colpito inesorabilmente la città d’acqua. Dalla Danza Macabra del registro inferiore, dal potente impatto emotivo, una sorta di discesa agli Inferi, il mio occhio fugge verso il moto ascensionale di una scala appoggiata su fondo oro da Kiefer, evocativa di quel sogno di Giacobbe narrato nel Vecchio Testamento che alludeva alle porte del Paradiso. Non a caso il pannello si sovrappone al grande telero con il Giudizio Universale di Jacopo Palma il Giovane e quei due monumentali e splendidi Arcangeli, come Dioscuri, sopra le due porte mi rassicurano.
Domani riprendo le visite del Palazzo e la mostra di Anselm Kiefer offrirà sicuramente un nuovo e diverso impatto emotivo. Questo è il vero segreto dell’arte.

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