Per le persone di una certa generazione, Marco Paolini è il volto e la voce che le ha guidate attraverso alcune delle vicende più note e terribili della storia italiana contemporanea – troppo piccoli per comprenderle nel momento in cui accadevano, è stato proprio lui a farle scoprire, con racconti-denuncia – Ustica, il Vajont – che sono diventati momenti indelebili di teatro-televisione.
Ad ottobre, solo al Teatro Goldoni, è possibile recuperare un altro grande titolo del suo repertorio, che, come nella migliore tradizione paoliniana, nel tempo è diventato opera multimediale: un monologo teatrale, uno spettacolo televisivo, un libro, persino un CD. È quel capolavoro de Il Milione. Quaderno veneziano, oggetto di una memorabile diretta Rai dal bacino dell’Arsenale nel 1998, ora di nuovo in scena in apertura della Stagione di prosa per celebrare i 700 anni dalla morte di Marco Polo.
È la storia, in bilico tra acqua e terra, di Campagne (“oltre il ponte, tutte …”) uomo di terraferma, in barca con Sambo, vogatore alla veneta. È il racconto di una città costruita sull’acqua e dei suoi milleseicento anni di storia, dei popoli che l’hanno abitata, delle grandi opere che l’hanno tenuta in vita strappandola al fango e di quelle che la stanno minacciando. È un intreccio di storie antiche e contemporanee, seguendo arabeschi da tappeti orientali e strani personaggi: abusivi di terra e di mare, turisti di ogni parte del mondo, comitati anti-sfratti, ma anche cavallini di Murano mutilati, cormorani troppo pesanti per decollare, piccioni ‘fatti’, gabbiani monogami.
È il tentativo di dar dignità agli sforzi di chi ha deciso di continuare ad abitare nella città più scomoda d’Italia – un pensiero che era vero nel 1998 ed è cento volte più vero oggi. È un omaggio agli esploratori piccoli e grandi, quelli che attraversando isole, paesi, mercati e caravanserragli arrivano fino in Cina, ma anche quelli che superano “la linea Maginot” dei centri commerciali che separa Venezia dal resto del mondo. È un ponte fra “nostrani” e “foresti”, gettato tra uomini che si riconoscono per la patria d’adozione, quella a cui hanno deciso di dedicare i loro sforzi e il loro lavoro. Chi non l’ha mai visto, troverà ne Il Milione un monologo musicale e appassionato che attraversa tutta la storia di Venezia, una dichiarazione d’amore alla città-isola che intreccia risate e commozione; chi già lo conosce, si stupirà di fronte alla prepotente modernità di parole vecchie di trent’anni eppure attualissime: «Il turismo è industria pesante: obnubila il cervello, cancella la coscienza e l’identità collettiva di una città». È un viaggio tortuoso, un avanti e indietro per provare a raccontare la complessità di Venezia – d’altra parte, dice lo stesso Paolini/Marco Polo sul palco, «non ho mai pensato che nella vita per procedere si debba andare in linea retta».