Le corrispondenze

Una riflessione su misticismo e tecnologia nei tarocchi di Mouna Rebeiz
di Silvia Baldereschi

L’artista libano-canadese sceglie l’allegoria de L’indovino come titolo della sua mostra per riflettere sull’idea della premonizione e sull’improbabile punto d’incontro tra intelligenza artificiale e misticismo.

The Soothsayer, in italiano L’indovino, si riferisce al personaggio di Shakespeare che avvertì l’imperatore Giulio Cesare del suo imminente assassinio, premeditato per le idi di marzo, ma che fu ignorato e definito un sognatore.Mouna Rebeiz, artista libano-canadese, sceglie questa allegoria come titolo della sua mostra per riflettere sull’idea della premonizione e sull’improbabile punto d’incontro tra intelligenza artificiale e misticismo. Le sue tre opere campeggiano all’interno della St. George Anglican Church in stretto dialogo tra loro, offrendo al visitatore un viaggio alla scoperta della propria sorte. Appena varcata la soglia della chiesa, infatti, ad accogliere il visitatore davanti alla navata centrale vi è un totem composto da un puzzle a forma di croce latina, i cui pezzi trasparenti sono stati realizzati con plexiglas riciclato, che riporta inciso a caratteri gotici la prima quartina delle Corrispondenze di Charles Baudelaire.La scultura rappresenta un tramite capace di comunicare con coloro che regnano su altre dimensioni ed è posta davanti a una maestosa rivisitazione delle carte degli Arcani Maggiori dei Tarocchi di Marsiglia, disposti ad arco lungo la navata centrale. Dipinte su lastre di alluminio lucido, le grandi carte sono state realizzate con una tecnica pittorica singolare, riprendendo e rivisitando i soggetti dei Grandi Maestri. Dietro l’acquasantiera si trova il mezzo che rivelerà la sorte al visitatore e all’umanità: una parete interattiva formata da puzzle di plexiglass variopinti, che simboleggiano il confine tra realtà materiale e spirituale.L’interazione con l’opera avvia l’algoritmo: si è invitati a scegliere un tassello, specchiarsi nella carta scelta dall’indovino e leggere la profezia a essa associata proiettata sulla parete dell’altare. Con questo dispositivo l’artista riprende il principio protagoriano per sottolineare come la società contemporanea sia la massima espressione dell’uomo che si fa misura di tutte le cose, utilizzando le tecnologie per soppiantare le dimensioni regnate da mistero e misticismo.L’utilizzo di un algoritmo associato alla premonizione è un invito alla riflessione sul sé e sull’artificialità del nostro contemporaneo: le nostre identità possono essere ridotte ad algoritmi? Le macchine sono capaci di predire il futuro? Ma soprattutto, la tecnologia ha sostituito la spiritualità?