La versione di Manuel

Agnelli al Rivolta, per un ritorno alle origini
di Elisabetta Gardin
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La coerenza fatta musica: Manuel Agnelli al Rivolta per proseguire un percorso mai interrotto, solo trasformato, sempre guidato da una creatività senza limiti e senza compromessi.

Il 30 settembre per Universal è uscito il primo album da solista di Manuel Agnelli, Ama il prossimo tuo come te stesso, caratterizzato da un’identità molto forte, con arrangiamenti insoliti, nuovi rispetto al percorso fin qui da lui compiuto con gli Afterhours. Insomma, un progetto nato dalla libertà dell’artista di andare verso direzioni inaspettate. L’album è disponibile su tutte le piattaforme digitali ed è acquistabile nei formati esclusivi: CD autografato, LP autografato, LP colorato.
Manuel Agnelli è un cantautore, musicista, autore conosciuto soprattutto come frontman degli Afterhours, gruppo storico nonché nodale della scena indie rock italiana, da lui fondati nel 1985, il cui nome omaggia i Velvet Underground. Con gli Afterhours ha realizzato una decina di album portati in tournée in tutta Europa e in America. Il gruppo è stato insignito della Targa Tenco, mentre la prestigiosa rivista americana «Spin Magazine» li ha inseriti nella lista delle The 100 Greatest Bands You’ve Never Heard Of, selezione delle migliori band meno note al pubblico mainstream che meritano di essere ascoltate.
Manuel è anche un produttore discografico, ha fondato la casa Vox Pop, ha collaborato come produttore artistico con grandissimi nomi del panorama musicale italiano, persino con Mina, con cui ha anche duettato in Adesso è facile. Nel 2001 all’Italian Music Award è stato premiato come miglior produttore italiano per l’album dei Verdena. Si è cimentato anche come scrittore, ha infatti pubblicato I racconti del tubetto, edito da Ultrasuoni e poi ristampato da Mondadori; nel 2011 è uscito per la collana Caratteri Sette giorni, un libro-intervista con illustrazioni di Marco Klefisch.

Non potevano mancare le esperienze televisive, come il programma Ossigeno di Rai3, oltre alla sua partecipazione in veste di giudice al talent X Factor nelle edizioni 2016, 2017, 2018, 2020 e 2021, ruolo che gli ha regalato un successo enorme da parte di un’audience enormemente più estesa di quella che segue normalmente la scena alternativa. Per il film Diabolik nel 2021 ha composto La profondità degli abissi, con cui ha vinto il David di Donatello e il Nastro d’Argento come migliore canzone originale.
Un talento poliedrico, dunque. Con i suoi look particolarissimi e i suoi lunghi capelli iconici è il re della scena underground, tuttavia colpisce il suo star fuori dal coro, il non farsi schiavo della dittatura del consenso in un’epoca in cui tutti rincorrono i like.
Ora con il suo nuovo album ha in programma una lunga tournée in tutt’Italia che lo porterà nei club indie, nei teatri e in spazi del contemporaneo di grande presa quale l’OGR di Torino, passando anche per Venezia, o meglio per Marghera, al Centro Sociale Rivolta, il 7 dicembre. Lo incontriamo in partenza per le prime date live.

Ama il prossimo tuo come te stesso è il suo primo album da solista. Da cosa parte l’esigenza di esordire da solo?
In realtà non è stata un’esigenza programmata. Durante il lockdown mi sono ritrovato come i più con moltissimo tempo a disposizione e nell’impossibilità di incontrare i miei amici musicisti. È stato come tornare ragazzo, quando non avevo progettualità, né scadenze, per cui in quel periodo di isolamento ho composto molto e ho scelto di tenere le cose fatte da me, solo per me, perché avevano un suono personale, diverso.

È appena partito per una lunga tournée che toccherà i migliori club italiani, ma anche teatri e spazi polivalenti del contemporaneo. Il 7 dicembre si esibirà anche qui da noi, al Rivolta di Marghera, location storica della scena indipendente italiana da oltre trent’anni. Cosa la lega a questa città, a questo territorio?
Sono molto felice di suonare a Marghera, di tornare a Venezia. Negli anni passati il Veneto era una tappa obbligata; ho bellissimi ricordi, era una scena molto fertile. Le cose ora sono cambiate, non è più così facile organizzare concerti, forse alcuni cicli finiscono. Qui ho comunque sempre incontrato un pubblico curioso, molto aperto, addirittura itinerante che ci seguiva in varie città d’Italia. Il pubblico di qualche tempo fa aveva grande fiducia negli organizzatori, a volte andavano ai concerti solo per la curiosità di vedere e vivere i locali in cui si suonava e per l’estrema fiducia nelle scelte di chi li organizzava.

Quali a suo avviso le ragioni di una scelta da parte dei curatori di un programma pop come X Factor di avere tra i suoi giudici una figura del suo profilo, musicista alternativo, di nicchia, molto amato da chi ascolta musica ‘colta’?
Più che per ispessire la credibilità del programma in sé, la scelta di coinvolgermi credo si debba al semplice fatto che cercassero un personaggio che avesse un ruolo ben definito, aderente a un mondo visceralmente connotato da una dimensione live altra. Rappresentavo in qualche modo il personaggio del musicista ‘sufficientemente colto’; il ruolo che serviva, insomma, per dare maggiore completezza e pienezza al format.

Si è sempre battuto molto per ottenere dalla SIAE una divisione più equa dei diritti d’autore, per non far pagare la quota di iscrizione agli under 30 e per ottenere di poter scontare la cifra prevista sulle esibizioni. Cos’altro vorrebbe si facesse in più, e meglio, in questa direzione? Come vede in questo momento la situazione della musica dal vivo?
Il discorso è davvero complesso. Le cose da fare sono ancora moltissime; a livello burocratico bisognerebbe riuscire a cambiare tante regole. Le istituzioni devono trattare i musicisti come veri lavoratori, dovrebbero prenderci sul serio come professionisti e in quanto tali dovremmo essere considerati. Ci vorrebbero regolamentazioni ad hoc per ogni tipo di ambito; non un approccio generico, indistinto per ogni scena musicale, bensì un’idea, una visione concreta e specifica per ciascun singolo settore, sia che si tratti di jazz, classica, rock, pop, ecc… Universi musicali ciascuno con un suo tratto proprio e con proprie, specifiche esigenze. Più degli aiuti una tantum da parte del governo, ci vorrebbero degli aiuti consistenti agli imprenditori, mi riferisco in particolare qui ora al mio settore, quello della musica pop e rock, un mondo fatto da più di un milione di lavoratori. Servono più imprenditori del settore che aprano di nuovo luoghi dove si suona. Io sono stato fortunato perché quando ho iniziato e quando poi mi esibivo la situazione era ancora molto fertile, viva, aperta.

Dopo il successo della sua colonna sonora per i Manetti Bros ha intenzione di lavorare ancora per il cinema? La vedremmo benissimo anche come attore… La attrae, la stimola quel mondo?
Scrivere canzoni per il cinema mi è piaciuto molto e lo rifarei, ma non in questo momento. Sono comunque attratto da quel mondo, sì. Ho già recitato in alcune piccole parti e poi ho un ruolo in Django, una produzione internazionale con la regia della bravissima Francesca Comencini, con cui mi sono trovato molto bene. Ho recitato in inglese; la cosa buffa è che ora mi dovrò doppiare in italiano. Più avanti sarò a teatro con il musical Lazarus, spettacolo con testi e musiche di David Bowie.

Nel video per Lo sposo sulla torta, quinto singolo estratto dal suo nuovo album, la voce femminile è quella di sua figlia Emma, in arte Vaselyn Kandinsky. Si riconoscerebbe nei panni di una sorta di “ribelle pater familias rock”?
Non mi sono mai considerato un ribelle; ho sempre cercato semplicemente di fare quello che volevo. In questo caso avevo scritto un pezzo per un duetto e sinceramente in quel momento non mi piaceva nessuno con cui condividere il progetto, così ho chiesto consiglio a mia figlia e lei, così per gioco, mi ha risposto: «Sono io la più cool di tutti». Scherzava, non pensava accettassi, invece io l’ho spinta a provare e alla fine ha fatto una performance egregia. La sua leggerezza è perfetta; Emma è stata davvero fondamentale nella riuscita de Lo sposo sulla torta. Era la scelta da fare. Il brano ha un grande successo, tutte le radio lo trasmettono, è nella top ten di Radio Deejay e il video è seguitissimo.

È sempre stato molto attento al linguaggio. Ha mai pensato di collaborare con qualche scrittore per i testi delle sue canzoni?
La collaborazione con scrittori mi attrae molto, tuttavia non per i testi delle canzoni. Mi piacerebbe collaborare con scrittori per progetti terzi; potrebbe trattarsi di uno spettacolo, di una sceneggiatura o forse anche di un libro, perché no? Ci sono molti autori che stimo nell’attuale panorama della letteratura italiana, a partire da Michele Mari o dal mio amico Paolo Giordano. Tuttavia le canzoni sono un territorio tutto mio, voglio ancora scrivere da solo. La scrittura dei testi è così intima…; il carattere artistico è fondamentale, venire “contaminato” mi risulterebbe difficile.

Ph. Hugo Weber