Nella Corte de le Impiraresse

Il Museo di Luisa Conventi ricorda uno dei più antichi mestieri veneziani
di Mariachiara Marzari

La protagonista di questa storia è Luisa Conventi che ha deciso di trasformare in piccolo museo la sua attività artigianale di impiraressa, tramandata da generazioni in famiglia. La Corte de le Impiraresse è un luogo suggestivo e raffinato, un viaggio attraverso la storia di questo meraviglioso mestiere e delle perle veneziane

Il lavoro di una vita, tramandato da generazioni, che negli anni diventa sempre più ridotto fino quasi a esaurirsi. In questi due anni abbiamo assistito a un ripetersi ineluttabile di queste circostanze. Tuttavia, e per fortuna, non tutti gli esiti sono sfortunati e scritti; in questo caso la consapevolezza di un giacimento di memoria e sapere antico da tutelare e rispettare ha prevalso su tutte le logiche di una gestione contabile ordinaria e straordinaria.


La protagonista di questa storia è Luisa Conventi che ha deciso di trasformare in piccolo museo la sua attività artigianale di impiraressa, tramandata da generazioni in famiglia: “impirar” in veneziano significa “infilare”, l’impiraressa è letteralmente colei che infila l’ago nel piccolissimo foro delle perle di vetro per passarle sul filo, un affascinante mestiere dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco.

L’inaugurazione del museo La Corte de le Impiraresse

La Corte de le Impiraresse, che inaugura il 27 maggio in calle Priuli a Cannaregio, è un luogo suggestivo e raffinato, dove poter fare un viaggio attraverso la storia di questo meraviglioso mestiere e delle perle veneziane, la loro origine, le fasi della lavorazione, la storia delle famiglie che ne hanno portato avanti la tradizione. Uno spazio espositivo dove sono in mostra non solo le piccole e coloratissime perle ricavate dalle sottili canne di vetro, splendide spille, collane, orecchini realizzate come veri e propri gioielli preziosi, ma anche attrezzi del mestiere: la sessola (una sorta di paletta infossata con cui raccogliere le perle), oppure la palmeta, il ventaglio di aghi pronto a infilar perle nel marìn, l’insieme di fili su cui poi si dispongono le varie perline, tra cui le tipiche rosette, le macà o le conterie.


Luisa Conventi ha condotto ricerche approfondite tramite gli archivi di famiglia e grazie al ritrovamento di documenti storici delle antiche fabbriche muranesi, ha inoltre raccolto fotografie, video e testimonianze orali in un percorso storico che va dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri. Foto d’epoca ritraggono le signore sedute all’aperto, all’opera davanti all’uscio, lungo un rio o in un campiello, che chiacchierano mentre creano oggetti unici al mondo, oppure scorci di vita lavorativa, con le impiraresse allineate, pronte a dar libero sfogo alla loro creatività. In realtà i produttori di perle di vetro a Murano, con i loro maestri vetrai (detti tiracanna) svilupparono l’attività già a partire dal 1400, impiegando fino alla metà del Novecento quasi due milioni di veneziane, uno dei lavori femminili più diffusi nella città lagunare.
Uno sforzo importante quello di Luisa Conventi, solo qualche settimana fa un sogno, ora divenuto realtà, che è pronto per essere condiviso.

 

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