SOUNDTRACK_2024_500

Daily #4

a cura diF.D.S.
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  • sabato, 31 agosto 2024

Trois amies e Babygirl_Se questi due titoli, inseriti nel palinsesto della Mostra uno dietro l’altro, fossero una parte dei film che legittimano quella indicazione fatta dal direttore Barbera, di una Mostra che ha ritrovato la sessualità come argomento su cui tornare a riflettere, ebbene, va detto che ancora una volta l’Europa pare essere assai indietro rispetto alle elaborazioni teorico-politiche che gli Stati Uniti stanno portando avanti sul tema. Indietro in politica internazionale, indietro in capacità innovativa, indietro anche nella consapevolezza del ruolo che il sesso può avere come agente di liberazione. Perché le tre amiche del film di Emmanuel Mouret, e i loro uomini, altro non fanno che elaborare il concetto di “ronda amorosa” che il sommo Arthur Schnitzler si inventò nel 1903 con la sua opera teatrale Girotondo: dieci personaggi di dieci differenti classi sociali si incontrano due alla volta, concludono il loro incontro con un rapporto sessuale che sulla scena non si vede mai, uno dei due è poi protagonista della scena successiva, finché la prostituta della prima scena non incontra il conte dell’ultima scena, e la pièce finisce così.
Ovviamente Mouret ci mette dentro anche gli elementi della commedia amorosa francese, fatta di intrighi, incroci, equivoci, ma questo mix tra leggerezza francese e inflessibilità austriaca nel film regge fino ad un certo punto. Perché oggi si aggiungono molti altri elementi che alterano questo equilibrio, o appesantendolo (quando il regista sembra assegnare alle tre protagoniste un ruolo prefissato, ossia l’amica destinata all’amore romantico e torturato, un’altra all’amore fatuo, la terza all’amore di complicità amichevole), oppure quando arriva l’A.I. a complicare le cose, spiegando agli uomini che spesso l’algoritmo può avere ragione sui sentimenti e sugli affetti.

Comunque ci troviamo di fronte a uomini e donne che si muovono come automi, accettando di seguire i sentieri possibili indicati dai sogni oppure accettando il fato. L’amore nel film di Mouret è ancora un’entità estranea, che può rendere felici oppure disperati, che toglie e dà, che regge le fila di un girotondo non più lieve e spensierato come quello di un tempo, di cui uomini e donne sono attori quasi inconsapevoli.

Questa prospettiva si ribalta completamente nel film americano, che narra un amore tra una manager matura e un giovane stagista. La relazione tra i due diventa esperienza di gioco e libertà: e poiché niente è più serio del gioco, la relazione abbisogna di regole, di norme condivise, di consenso. E questa dimensione soft femdom su cui ben presto si incammina il rapporto è per entrambi un’esperienza di liberazione, di sfide reciproche, di soddisfazione. Qui l’amore procede verso una direzione di rafforzamento interiore, di gioia, di crescita individuale. Entrambi i protagonisti saranno restituiti al dopo migliori. Niente a che fare con il film francese, dove tutto sembra bloccato, o comunque mosso da volontà esterne, di dèi capricciosi e lontani.

Ed anche le colonne sonore dei due lavori sono all’opposto: mentre nel film francese c’è un continuo ricorso ad estratti di musica classica europea, in cui abbiamo riscontrato la Sonata Patetica, fantasie della Carmen di Bizet, cascate liquide di chitarre classiche, le Romanze senza parole di Mendelssohn e molto altro ancora, nel film della Reijn la musica, eseguita da gruppi di cui confessiamo di ignorare completamente l’esistenza, acquista dei toni di grande aggressività, di tensione parossistica.
Per cui i voti seguenti non sono ovviamente voti sulla qualità intrinseca della musica, ma sulla capacità della musica di farsi partner devota ed affidabile dei significati del film.

Trois amies

Babygirl

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