Fantasmi dal passato

Il regista filippino Lav Diaz torna a Venezia con "Phantosmia"
di Maria Casadei
  • lunedì, 2 settembre 2024

Illustre esponente dello slow cinema, il regista filippino Lav Diaz raramente è tornato da un festival a mani vuote. Premiato a Venezia, Cannes e Berlino, ora torna al Lido Fuori Concorso con Phantosmia, un film che sembra ruotare attorno ad un’unica linea di ragionamento: «Gli esseri umani hanno il diritto di uccidere altri esseri umani?».

La fantosmia è un disturbo olfattivo che comporta la percezione di un odore che non esiste. Qual è la funzione di “Phantosmia” nel suo lavoro? Ha un significato simbolico o viene utilizzato come mero espediente narrativo?
Scegliere il titolo è una delle cose più difficili quando si realizzano i film. A volte, il processo richiede più tempo del periodo di produzione stesso. É vero. Non è facile come entrare in un bar. Scegliere il titolo giusto implica lavorare su molteplici livelli, tra cui semantica e semiotica: orecchiabile e pop, arcaico e kitsch, popcorn e Coca-Cola, primordiale e pomposo, ironico, malevolo e beat. Ho considerato molti titoli per questo film, scegliendo alla fine, a malincuore, Phantosmia; è il titolo perfetto e allo stesso tempo ho la forte sensazione che riveli l’essenza del film. Ho pensato a titoli più sottili come A Funny Thing Happened on the Way to Murder (Accadde una cosa divertente sulla strada per l’omicidio) o The Talented Master Sergeant Zabala (Il talentuoso sergente maggiore Zabala); e titoli più epici come Citizen Zabala (Cittadino Zabala), o poetici come One Hundred Years of Smell (Cent’anni di odore), ma alla fine sono rimasto legato a Phantosmia. È una decisione di cui non sono molto felice, ma sono anche consapevole che dovrò semplicemente essere schiavo del processo, una virtù che ho abbracciato molto, molto tempo fa per andare avanti, per continuare ad inseguire la mia musa, per così dire, e questo potrebbe essere il motivo misterioso per cui continuo a fare cinema. Sono ancora ammirato dal processo creativo e dall’immagine. Chiunque si imbattesse nella parola “Phantosmia”, potrebbe facilmente intuire una certa ironia (fantasma! sì, consideratelo un film dell’orrore), ed ambiguità (pretenzioso! sì, la parola più abusata nell’arte), in quanto può essere associata ad una miriade di significati e simbolismi, a seconda della propria cultura e della visione dei conflitti umani.

Come e perché si è interessato alla figura di Hilarion Zabala, il protagonista del film?
Il personaggio del sergente maggiore Hilarion Zabala è nella mia mente da sempre. Sono cresciuto in una delle zone più violente e militarizzate delle Filippine, dove ormai da decenni viene versato il sangue del mio popolo. La storia e il personaggio di Zabala mi sono molto familiari: uomini in uniforme, armati, coinvolti nelle dinamiche di potere con prospettive fasciste estreme. Ho anche parenti e amici che erano militari e che ricoprivano ruoli simili. Oggi capisco meglio cosa li ha fatti diventare in quel modo, come sono stati educati, quando e dove sono stati formati e perché. In definitiva, sono consapevole delle terribili conseguenze del loro essere, della loro presenza, dell’impatto di personalità come loro sulla specie umana.

Nel film, a Zabala viene consigliato di tornare nel passato e affrontare i momenti più bui della sua vita per curare la sua malattia. Qual è, secondo lei, il ruolo del passato e della memoria? Cosa possono insegnarci?
Un’immersione sincera nel passato può aiutare una persona a sviluppare una migliore empatia. Il modo in cui si vede il passato e il modo in cui si usa la memoria, il modo in cui funziona il cervello o la sua capacità di ricordare e raccontare, tutto ciò influisce sul proprio comportamento presente. E anche se non ne siamo consapevoli, o ci rifiutiamo di ricordarlo e riconoscerlo, non c’è davvero modo di sfuggire al passato. Naturalmente, si può essere una persona migliore se si capisce da dove vengono le cose e come si è formata la situazione attuale. Forse si possono correggere alcuni errori, migliorare alcuni difetti, o semplicemente cambiare le cattive abitudini. Fare uno sforzo per dedicare del tempo alla memoria fa emergere il vero io poiché l’autoriflessione porta a vedere le basi e le radici di tutto ciò che si è. Ciò si estende a un ambito più ampio, come l’assetto collettivo di una società in cui la memoria o la comprensione della propria storia svolgono un ruolo vitale. Nel film, il sergente Zabala ha il compito di affrontare il suo passato violento scrivendo una sorta di diario, un racconto quotidiano, una rivisitazione del suo servizio militare. Ma, naturalmente, anche la memoria può essere una trappola, come credere in false narrazioni. È più pericoloso quando queste vengono abbracciate come un’ideologia. Un classico esempio è Vladimir Putin, che trae gran parte dei suoi diritti da una storia falsa. Stiamo assistendo ai suoi terribili effetti ora. Poiché l’uomo è predisposto a creare i propri miti, c’è il pericolo che i ricordi vengano inventati e che le storie vengano stravolte. Questo diventa ancora più pericoloso se imposto su vasta scala. La memoria collettiva può essere influenzata dall’assetto di una società. Negli ambienti autoritari, chi detiene il potere detta la traiettoria della memoria; è una narrazione/storia imposta. La Corea del Nord ne è un esempio, dove ormai da decenni l’unica narrativa riguarda esclusivamente la famiglia di Kim Jung Un. Le narrazioni alternative e più autentiche possono sopravvivere solo attraverso una storia orale e scritta in maniera volontaria.

Negli ultimi anni il cinema filippino sembra rappresentare una visione della vita piuttosto triste e oscura. Pensa che questo sia vero? Secondo lei, è legato alla situazione politica del Paese, oppure riflette lo scenario globale?
Sì, poiché il cinema è soprattutto un’attività culturale e sociologica, le opere dei cineasti filippini rispecchiano ciò che sta accadendo nel loro Paese e il modo in cui percepiscono i conflitti della loro società. E sì, la maggior parte dei film provenienti da altre parti del mondo riflettono le condizioni della loro società. Tutte le lotte sono parallele e interconnesse. Anche se possono apparire tristi e oscuri, questi lavori approfondiscono e discutono in maniera aperta e onesta problemi più grandi. Io li considero progressisti poiché incitano al dialogo, creando consapevolezza e azione.

LATEST
D81awards
Daily 81 Music Awards
limelight-495x495
End credits
BARBERA_2024
Cinema, linfa vitale
LEONE
I Premi collaterali di Venezia 81
pupi-avati
Pupi Avati
takeshi-kitano
Takeshi Kitano
FrontPage_31-74
Milestone & Wilder
hisgirlfriday1940
Vite in prima pagina
COLUMNS

VeNewsletter

Ogni settimana

il meglio della programmazione culturale
di Venezia