La pratica di Theaster Gates Studio può essere definita “arte socialmente impegnata”, “urbanismo”, “pratica spaziale”, “sviluppo della comunità”… Ciò che comunque conta per Gates è muoversi liberamente attraverso discipline, istituzioni e media per affrontare questioni di disuguaglianza, oblio e abbandono, offrendo una dimensione “altra” che è già qui e ora. Lo fa con robusti tentativi di recupero degli archivi della storia africano-americana, impiegando i sistemi e i metodi dell’arte contemporanea per condurre politiche di inclusione e di responsabilizzazione. Ma anche attivando progetti educativi come il programma Arts+Public Life, che a Chicago si occupa di quartieri spesso abbandonati a loro stessi, poco finanziati o mal supportati, cercando di attivare innovazioni innervate in nuove, condivise prospettive culturali. È senza dubbio una “black practice” che mette in luce un modo di costruire un futuro fondato sulla commistione del linguaggio, delle voci, della presenza.