Blue Void

Joshua Serafin, l’opera-manifesto sulla diversità
di Irene Machetti
Joshua Serafin Void

“Void” del filippino Joshua Serafin, presentato all’Arsenale nell’ambito della mostra Stranieri Ovunque di Adriano Pedrosa, rappresenta un viaggio visivo e concettuale attraverso un vuoto generativo.

L’opera, una video installazione di 9 minuti e 14 secondi, esplora il concetto di vuoto non come assenza, ma come un intervallo di possibilità. Serafin, attraverso il movimento e la gestualità di una figura non binaria, immagina un mondo nuovo, superando le convenzioni patriarcali dell’imperialismo e proponendo una visione futuristica tropicale. Sarafin ha detto di voler raffigurare in Void la nascita di una divinità non binaria, impersonata nel video dall’artista stesso che, danzando in uno spazio primordiale, crea e si crea, incarnando una visione che sfida le nozioni tradizionali di potere, bellezza ed esistenza. Seminudo, con indosso solo un perizoma, Serafin si immerge in una piscina piena di liquido scuro e viscoso come il petrolio e si schiaffeggia i capelli intorno a uno spazio pieno di sabbia, mentre la musica per chitarra di Calvin Carrier risuona per tutto il tempo. Il video si riflette su una superficie specchiante sul pavimento, tutto è oscuro e immerso in una luce blu scura, che sembra arrivare direttamente dai film di fantascienza. L’opera è radicata nei miti della creazione dell’arcipelago filippino, reinterpretati attraverso performance queer e trans, per prefigurare un futuro che valorizza la diversità di genere.

La forza di Void risiede nella sua capacità di trasformare il vuoto in un momento generativo, dove l’essere si trasfigura in un “élan vital” in continuo divenire e il corpo è fonte di energia. In questa installazione, Serafin non solo propone un’allegoria dell’assenza, ma invita a riflettere sulla possibilità di una nuova presenza, che è allo stesso tempo umana, trans-divina e post-umana. L’opera, con la sua estetica potente e la sua profonda riflessione sulla condizione umana e la sua evoluzione, segna il debutto di Joshua Serafin alla Biennale di Venezia, portando con sé una visione radicale e innovativa dell’arte contemporanea. Serafin sfida lo spettatore a confrontarsi con un vuoto che è tutto fuorché inerte, un vuoto che pulsa di potenzialità e di nuove narrazioni, che dischiude mondi possibili attraverso la danza e la performance. Questa installazione interroga la nostra percezione del vuoto, nonché la nostra comprensione della diversità e della creazione, in un’opera che è allo stesso tempo visione artistica e manifesto politico.

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