L’installazione audiovisiva della Polonia alla Biennale Arte 2024 prende la forma di un ‘karaoke’ fatto con i suoni della guerra in corso nella confinante Ucraina.
Le regole di comportamento da adottare in caso di guerra variano a seconda del tipo di attacco e imparare la spietata lingua delle armi può fare la differenza tra la vita e la morte. L’installazione audiovisiva della Polonia prende la forma di un ‘karaoke’ fatto con i suoni della guerra in corso nella confinante Ucraina. I protagonisti di questa narrazione sui generis, creata dal collettivo Open Group, già curatore dello spazio ucraino alla Biennale del 2019 e quest’anno impegnato nel progetto polacco, sono dei rifugiati civili che raccontano l’esperienza della guerra attraverso i ricordi uditivi rimasti fissati nella loro mente come una tragica colonna sonora del trauma vissuto. Mentre scorrono i testi con le descrizioni di modelli di armi da fuoco, il pubblico è invitato a riprodurre rumori di spari, missili ed esplosioni. Inizialmente, il Padiglione avrebbe dovuto ospitare il progetto dell’artista Ignacy Czwartos (1966), in cui si ripercorrevano i tragici eventi del XX secolo e la posizione della Polonia stretta tra i due totalitarismi della Germania nazista e della Russia sovietica. Il cambio di Governo avvenuto alla fine dell’anno scorso ha portato ad una variazione di programma.
Repeat After Me II arriva dunque a Venezia con già alle spalle una storia che parla da sé, ma, lungi dall’essere un mero ripiego, si rivela come uno dei progetti più interessanti di questa Biennale. L’attenzione si sposta sulla guerra in corso a pochi chilometri dal confine nazionale, raccontata come un’esperienza collettiva che prescinde dalle differenze di età, provenienza, status sociale e professionale, dando la voce a chi la guerra l’ha vissuta e concentrandosi sul modo personale di vivere la tragedia. L’installazione, che prosegue e amplia il lavoro originariamente completato nel 2022 dai tre membri attuali di Open Group, Yuriy Biley (1988), Pavlo Kovach (1987) e Anton Varga (1989), si ispira agli opuscoli del Ministero della Cultura e della Politica dell’Informazione ucraino, che suggeriscono ai cittadini come reagire a seconda della specifica arma usata negli attacchi. I tre artisti hanno dunque immaginato lo spazio come un luogo d’incontro in cui, pur in un ambiente sicuro, gli spettatori possono vivere l’esperienza della guerra e «acquisire conoscenze che un giorno potrebbero tornare utili». L’eco apocalittica di questo monito è amplificata sovrapponendo testimonianze riprese nel 2022 e nel 2024, che evidenziano il drammatico perseverare della memoria anche a distanza di tempo, e accostandole ad immagini che mostrano l’evolversi della tecnologia bellica.