Esplorando le dimensioni politiche e utopiche degli oceani, con “swell of spæc(i)es” l’artista decostruisce le consolidate narrazioni su temi quali schiavitù, colonizzazione, capitalismo e crisi ambientali.
Prima mostra presentata fuori Berlino dalla fondazione itinerante LAS Art Foundation, swell of spæc(i)es è la rappresentazione di un ambiente ultraterreno realizzato dall’artista, performer e scrittrice Josèfa Ntjam attraverso l’assemblaggio di immagini, parole, suoni e storie come metodo per decostruire le grandi narrazioni alla base di discorsi egemonici. La pratica artistica di Ntjam esplora le dimensioni politiche e utopiche degli oceani, ricettacoli di storie di dominazione, dalla schiavitù alla colonizzazione, dal capitalismo alle crisi ambientali e umanitarie, ma anche di resistenza, emancipazione e creazione. In questo immaginario, il plancton è un punto di convergenza tra l’oceano profondo e lo spazio esterno, tra regni biologici e mitici, tra passati possibili e futuri alternativi. Articolata in due sedi, il cortile dell’Accademia di Belle Arti e l’Istituto delle Scienze Marine, la mostra propone un nuovo mito della creazione, plasmato da modi antichi ed emergenti di concepire l’universo.
Nello spazio dell’Accademia di Belle Arti, progettato dallo studio di architettura UNA-UNLESS, un prisma triangolare blu-viola sembra essere caduto dallo spazio intrecciandosi finemente con l’architettura rinascimentale dell’edificio. La sua sorprendente geometria è in contrasto con le forme organiche che emergono nell’ambiente interno, realizzate con materiali innovativi come la resina biosorgente e il micelio di reishi. Dal terreno emerge una forma simile a una membrana che diffonde frequenze elettroacustiche, mentre frammenti di narrazione si sprigionano da due “docce sonore” simili a meduse. Nel video proiettato sulla parete curva a LED, che mescola animazione 3D e filmati di acquari, si muovono alcuni personaggi interspecie, sintetizzati utilizzando l’intelligenza artificiale e altri strumenti digitali, tra cui modelli 3D di vita marina, scansioni di statue dell’Africa occidentale conservate in collezioni museali e riproduzioni di fotografie che ritraggono movimenti di indipendenza decoloniale.
Nella Palazzina Canonica dell’ISMAR un’interfaccia basata sull’IA consente invece ai visitatori di generare le proprie specie ibride fondendo la raccolta di dati di Ntjam con le fotografie di plancton prodotte dal citometro a flusso dell’ISMAR, uno strumento utilizzato per classificare gli organismi trovati nei campioni d’acqua marina a 16 chilometri dalla costa. Popolando questo ecosistema virtuale di creature generate in loco, il pubblico è invitato a unirsi al processo di diffusione di storie ancestrali, diventando parte attiva della mostra.