(1996, Messico, Spagna, Francia, 136')
Forse il capolavoro del grande regista messicano. Cronaca di due assassini psicopatici tratta da una storia vera che aveva già ispirato il film di Leonard Kastle I killers della luna di miele (e più alla lontana il giallo di Richard Deming Le iene vanno a coppia), trasportata dagli USA nel Messico del Nord degli anni ‘50. Mentre di solito Ripstein, a partire dal bellissimo El castillo de la pureza, lavorava su spazi chiusi e soffocanti, Profundo carmesí si allarga alla grandezza indifferente e impietosa del deserto. Ma non mancano neppure, fin dalla superba apertura, i suoi interni sovraccarichi, allargati e resi enigmatici dall’uso caratteristico degli specchi. Commedia tragica, tragedia comica, incrocio feroce di melodramma e di humour noir, mette in scena l’amour fou di due mostri fisici e morali; alle loro spalle si intravede l’ombra di Goya; eppure c’è nell’amore omicida di Coral e Nicolas qualcosa di straziante.
Sono i classici perdenti, i “sopravvissuti” pericolosi, del cinema di Ripstein, che ha detto: «Era una sfida, non fare di loro due esseri immondi», evitando nel contempo l’identificazione. La loro sottomissione reciproca assume quel carattere estremo che noi attribuiamo alle forme alte del mélo, forme nobilitanti, anche se qui non vi è nobilitazione possibile. È l’amore dei marziani – nel quale però noi (come in uno specchio di Ripstein) riconosciamo il nostro; e forse questo riconoscimento ci accomuna, ci porta più vicini a loro di quanto gradiremmo essere.