Dopo un primo approccio con l’espressionismo astratto, Kiki Kogelnik si trasferisce a New York nei primi anni ’60 e inizia a dedicarsi a dipinti e installazioni dall’estetica pop, ispirata dai recenti progressi della robotica e dei viaggi nello spazio. Nella cerchia di Jasper Johns, Roy Lichtenstein e Andy Warhol, Kogelnik diviene famosa per la serie Hangings, in cui ritagliava le sagome del corpo di amici dal vinile colorato e li appendeva a grucce o rotaie. L’anatomia, la scienza, la tecnologia, il femminismo sono il fulcro della sua opera: quasi 20 anni prima di The Cyborg Manifesto (1985) di Donna Haraway, Kogelnik sogna un futuro postumano in cui identità e corpi sono costantemente decostruiti, distorti in un desiderio di emancipazione, potere ed energia.