Claude Lelouch

di Anne Gauthier
  • lunedì, 2 settembre 2024

Davanti all’opus cinematografico di Claude Lelouch – più di cinquanta film in sessant’anni di carriera – ci si sente un po’ smarriti come davanti alla vita di un patriarca che ha investito di passione devastante tutte le cose che ha attraversato (il cinema, l’amore, la velocità, la vita). Siamo di fronte ad uno dei registi più maltrattati della storia del cinema: la sua inguaribile vocazione ad un cinema elementare, essenziale, che affronta temi basici come l’amore tra un uomo e una donna, è stata spesso interpretata al peggio come propensione al più zuccheroso sentimentalismo, al meglio come imitazione cinematografica del fotoromanzo.
In realtà Lelouch è il regista che più genialmente affronta l’osceno nel cinema: sì, l’osceno, il fuori scena dell’eros, ciò che si celebra al di fuori del rito sessuale come a dire le frasi smozzicate, gli sguardi infiniti tra un uomo e una donna che si stanno innamorando, i moti inconsapevoli di corpi attratti tra loro. Lelouch è un regista in cui determinazione e coraggio vanno di pari passo: ne fanno testo gli innumerevoli indizi, dentro i suoi film, di una sua passione per i primi piani lunghissimi, quasi sfacciati, o per i flashback senza parole che durano un’eternità (mi viene in mente quello di Un uomo, una donna che dura quanto il samba di Vinicius de Moraes e Baden Powell, che ne è colonna sonora). Ne vengono fuori film dall’andamento incerto, che vanno avanti ma spesso anche indietro, in cui la trama è il risultato più di un processo mentale che di una narrazione lineare. Film che non possono definirsi bellissimi, ma che sicuramente hanno il dono della necessità, cuciti addosso alla radicalità del meccanismo d’amore, della nostalgia, della solitudine. Film che hanno lo stesso ‘DNA imitativo’ della poesia trobadorica oppure di quella barocca, concentrate, esattamente come il cinema di Lelouch, a declinare in mille modi diversi lo stesso, irrinunciabile tema.

FINALEMENT

Lino è un avvocato di successo e la sua vita è apparentemente perfetta: ha alle spalle una carriera straordinaria e la sua famiglia è unita e salda più che mai. Dopo un problema di salute si trova però nella condizione inspiegabile di perdere totalmente i freni inibitori:...

LEGGI
Claude’s Five
Un uomo, una donna
(1966)

La chimica della perfezione melò di questo film è impossibile da definire. Sì, certo, gli attori, la colonna sonora di Francis Lai, quell’alternanza tra colori e b&n, le tecniche di ripresa della Nouvelle Vague, quei dialoghi così evanescenti che ancora non fondono l’estetica della pubblicità del lusso francese, come più tardi avrebbe fatto il Nostro… No, è l’icona dell’uomo che cammina sulla spiaggia col suo cane, è lui il centro di questo capolavoro, è la vita che ci passa accanto mentre guardiamo un film.

Bolero
(1981)

Lelouch si misura con la Storia, descrivendo le vicende tra il 1936 e il 1980 di quattro famiglie di musicisti e danzatori sparse tra Parigi, Berlino, Mosca e New York, che si riuniscono nel trascinante Bolero con cui il film si chiude.

C’était un rendez-vous
(1976)

Nell’agosto del 1976 Lelouch, da sempre amante delle macchine veloci, monta una telecamera sulla sua Mercedes-Benz e sfreccia per dieci minuti per le strade di Parigi, da Place Dauphine fino alla Basilica del Sacro Cuore. Guardate il video su YouTube: 40 anni prima delle GoPro e dei post su Instagram, è una piccola testimonianza di come questo regista così bistrattato dalla critica per il suo cinema da “Baci Perugina” in realtà sia sempre stato un amante della velocità pura e del rischio assoluto.

Un uomo, una donna oggi
(1986)

Secondo capitolo della saga di Anne Gauthier e Jean-Louis Duroc. Vent’anni dopo la critica accoglie sdegnosa e col ditino alzato.

I migliori anni della nostra vita
(2019)

Terzo capitolo, triste, solitario y final, però l’ottimismo lelouchiano è sempre lì, sottopelle, pronto ad esplodere in ogni momento.

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