Pupi Avati

di Andrea Zennaro
  • sabato, 7 settembre 2024

Nella filmografia di Pupi Avati esiste una sorta di “linea gotica” rappresentata da una serie di opere insolite dal chiaro sapore horror. Già il suo primo lungometraggio Balsamus, l’uomo di Satana del 1968 aveva una declinazione grottesca, ma di orrore c’era ben poco e lo stesso vale per la sua seconda opera, Thomas e gli indemoniati del 1970. È con La casa dalle finestre che ridono del 1976, girato tra Comacchio e Minerbio, che il regista inventa un vero e proprio nuovo sottogenere gotico padano: con la collaborazione alla sceneggiatura di Maurizio Costanzo, il film ebbe subito un grande successo, diventando col tempo un vero e proprio cult.
Avati inserì elementi gotici anche nel successivo Tutti defunti… tranne i morti (1977) ma, soprattutto, nel 1983 diresse un altro horror atipico, anch’esso memorabile per originalità e ambientazioni. Zeder, scritto ancora insieme a Costanzo ispirandosi ai libri Il mistero delle cattedrali e Le dimore filosofali di Fulcanelli, con i suoi terreni K in grado di far resuscitare i morti, ha molti tratti in comune con il romanzo Pet Sematary di Stephen King, uscito lo stesso anno: impressionanti alcune similitudini, tra cui il finale. Più di recente Avati è tornato al genere gotico con due interessanti lavori Il nascondiglio del 2007 e Il signor Diavolo del 2019, ma occorre ricordare anche la serie televisiva della Rai Voci notturne del 1995, da lui scritta per la regia di Fabrizio Laurenti, che inizia in modo simile a Twin Peaks e ci porta in giro per una Roma esoterica.

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Bologna, anni ’40. Un giovane mentalmente problematico con aspirazioni letterarie, dopo un semplice sguardo, si innamora perdutamente di un’ausiliaria dell’esercito americano. Un anno dopo, l’eccezionalità del caso farà sì che lui vada ad abitare nel Midwest america...

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