Giochi pericolosi

Le sorelle Coulin in Concorso con Jouer avec le feu
di Delphine Trouillard
  • mercoledì, 4 settembre 2024

A partire dal romanzo di Laurent Petitmangin, Quello che serve di notte, Delphine e Muriel Coulin firmano un dramma familiare che affronta la tematica dell’ascesa dell’estrema destra in Francia e in Europa.

Delphine e Muriel Coulin sono registe e sceneggiatrici francesi. Muriel ha sempre sognato di lavorare nel cinema e si è laureata alla scuola Louis Lumière, diventando assistente operatore e successivamente direttrice della fotografia, con una particolare attenzione ai documentari. Delphine, invece, ha studiato Lettere e Scienze Politiche prima di assumere il ruolo di responsabile dei programmi documentari presso il gruppo Arte, affiancando questa attività alla carriera di scrittrice di romanzi. Nel 1995 le due sorelle hanno iniziato a realizzare cortometraggi insieme. Nel 2011, hanno diretto il loro primo lungometraggio, 17 ragazze, presentato a Cannes in concorso durante la 50. edizione della Semaine de la Critique. «Appena individuiamo una particolarità, sentiamo il desiderio di esplorarla e forse di farne un film», dichiarano descrivendo il loro processo creativo. Questo approccio le ha portate a esplorare il mondo dei gruppi estremisti e violenti attraverso il personaggio di Fus, un ventenne cresciuto nell’Est della Francia con il padre vedovo e il fratellino, protagonisti di Jouer avec le feu, loro terzo lungometraggio presentato quest’anno in Concorso al Lido.

Laurent Petitmangin
Dal romanzo di Laurent Petitmangin al film delle sorelle Coulin

I personaggi principali dei vostri precedenti film sono donne: le diciassette adolescenti di 17 ragazze, le giovani donne militari di Voir du pays. In Jouer avec le feu, invece, i tre personaggi principali sono uomini: un padre vedovo e i suoi due figli. Come è nata l’idea di questa sceneggiatura?
Volevamo fare un film sull’amore familiare, in particolare esplorare una domanda che spesso ci tormenta: se mia sorella o mio figlio commettessero qualcosa di irreparabile, sarei in grado di perdonarli? Volevamo anche affrontare un’altra grande paura condivisa, cioè l’ascesa dell’estrema destra in Francia e in Europa in generale. Quando abbiamo letto il libro Ce qu’il faut de nuit di Laurent Petitmangin, abbiamo capito che racchiudeva tutti questi elementi, tutto ciò di cui volevamo parlare. Ma è vero, mi sono davvero chiesta se volessi adattare un libro in cui non c’era nessun personaggio femminile. Sembrava molto lontano da ciò che sono e dal cinema che realizzo solitamente con mia sorella. Abbiamo capito che trasformare uno dei personaggi del libro in una donna avrebbe compromesso la credibilità della storia. Negli ambienti degli ultras e di estrema destra la presenza maschile è dominante, quindi il personaggio di Fus doveva necessariamente rimanere maschile. Per quanto riguarda il secondo figlio, quello che si realizza negli studi, trasformarlo in una ragazza avrebbe rischiato di conferirgli una dimensione ‘angelica’ del tutto fuori tema. E se avessimo sostituito il padre vedovo con una madre, il film avrebbe potuto essere interpretato come la storia di una madre sopraffatta e impotente, incapace di controllare il figlio maggiore, mentre questo non è il tema centrale. Abbiamo quindi preferito trasporre alcuni personaggi minori del libro in figure femminili, dando loro ruoli di “potere” e “sapere”: l’avvocata, dotata di grande saggezza; la preside dell’università, che è la vera preside della Sorbona e il cui ingresso è volutamente maestoso; persino la madre, che, pur non essendo presente, apporta qualcosa di molto forte alla storia.

Il vostro film esplora la dualità morale attraverso la storia di un ragazzo in difficoltà scolastica, attratto da movimenti violenti di estrema destra, ma allo stesso tempo premuroso verso il fratello minore e il padre. Quale domanda volevate sollevare e cosa sperate che il pubblico rielabori?
Attraverso il personaggio di Fus abbiamo voluto aggiungere maggiore complessità, evitando visioni semplicistiche che etichettano gli ultras come persone “brutte e cattive”. Il disprezzo, la rabbia e l’emarginazione sistematica non portano a un vero progresso. Certamente anche qualcuno di estrema destra può mostrarsi gentile e simpatico. E allora, cosa facciamo in quel caso? Siamo disposti a interagire con lui o lei? Il cambiamento che Fus attraversa riflette in qualche modo quello che abbiamo vissuto tutti negli ultimi dodici anni. In Francia, la maggioranza dei cittadini ha eletto un presidente di sinistra, ma alle ultime elezioni europee l’estrema destra è arrivata nettamente in testa. Ci sono molte ragioni economiche e politiche che hanno portato a questo cambiamento. Con mia sorella, provenendo da un background di film documentari, abbiamo indagato principalmente nell’est della Francia per capire le motivazioni che hanno spinto la popolazione a votare per l’estrema destra. Ma oltre al contesto economico, ciò che spinge Fus al cambiamento è anche l’influenza del gruppo, un tema che ci interessa molto e che abbiamo esplorato in 17 ragazze. Ecco perché Fus è allo stesso tempo affascinante e disgustoso, bello e brutto, divertente e patetico. Ma nessun personaggio è perfettamente lineare: il padre è a volte troppo inflessibile e non lascia spazio a suo figlio, mentre il figlio minore a volte mostra leggerezza di fronte a questa situazione.

Pensate che se la madre fosse stata presente le cose sarebbero andate diversamente?
Sì, nel film questo è espresso chiaramente. L’assenza della madre ha sconvolto gli equilibri familiari e compromesso le possibilità di dialogo. Senza essere troppo esplicite, abbiamo evocato la madre più volte, attraverso piccole frasi, per suggerire cosa avrebbe potuto pensare della situazione. Il padre si chiede se lei sarebbe stata in grado di dialogare meglio con i figli, e questa è una delle domande chiave del film: se comunicassimo di più, forse le cose andrebbero meglio?

La collaborazione tra sorelle è rara nel cinema. Come lavorate insieme?
Facciamo tutto insieme, condividendo ogni aspetto al 50%. Si potrebbe pensare che, dato che Muriel è laureata all’Istituto Lumière, sia lei a occuparsi della tecnica e della regia, ma in realtà siamo entrambe coinvolte anche in quella fase. Lo stesso vale per la scrittura: nonostante io sia autrice di romanzi, mia sorella contribuisce alla sceneggiatura e ai dialoghi tanto quanto me. In fase di montaggio, siamo entrambe presenti. Ci conosciamo molto bene e ci intendiamo perfettamente. Condividiamo lo stesso sistema di valori, sia nei contenuti che nella forma. È molto raro che non ci piaccia lo stesso film. Lavoriamo così intensamente sul progetto nella fase preliminare che siamo assolutamente d’accordo sull’obiettivo finale che vogliamo raggiungere, e questo rende il lavoro sul set estremamente fluido.

Il vostro film è stato selezionato al Festival di Venezia. Come vivete questo riconoscimento e quali sono le vostre aspettative nei confronti del pubblico internazionale?
Proviamo una grande gioia; è un vero onore partecipare al Festival di Venezia. Essere in competizione accanto a registi di grande calibro è impressionante e può essere molto stressante, ma allo stesso tempo è estremamente stimolante. Siamo davvero felici di condividere questa avventura con i nostri attori; è il magnifico coronamento di un lavoro durato due anni. La Mostra offre al film una visibilità incredibile e, dato il tema trattato, abbiamo davvero il desiderio che si parli di questo lavoro a livello internazionale.

LATEST
D81awards
Daily 81 Music Awards
limelight-495x495
End credits
BARBERA_2024
Cinema, linfa vitale
LEONE
I Premi collaterali di Venezia 81
pupi-avati
Pupi Avati
takeshi-kitano
Takeshi Kitano
FrontPage_31-74
Milestone & Wilder
hisgirlfriday1940
Vite in prima pagina
COLUMNS

VeNewsletter

Ogni settimana

il meglio della programmazione culturale
di Venezia