William S. Burrough

di Loris Casadei
  • martedì, 3 settembre 2024

Queer ha un campo semantico molto vario, diagonale, aperto alle differenze, all’inglese strano, ambiguo. Oggi spesso indica identità fluida, in particolare di genere. William S. Burroughs nasceva cento anni fa, uno dei massimi protagonisti della letteratura americana della Beat Generation, quella mitica di Ginsberg e Kerouac, ma anche quella del maccartismo e della guerra in Corea, della paura di un complotto omosessuale e del conseguente allontanamento dei sospetti gay da ogni incarico governativo. Vita maledetta quella di Burroughs: nonostante un inizio promettente, laurea ad Harvard e master a Vienna, rampollo di ricca famiglia di industriali, si dedica a droghe e riti esoterici. Si sposa, ma per sfuggire a una denuncia per uso di stupefacenti si rifugia a Città del Messico. Ubriaco, uccide la moglie con un colpo di pistola. Inizia il suo peregrinare soprattutto in Centro e Sudamerica, ma anche in Africa e in Europa.

dalla pagina

allo schermo

QUEER

Scampato a una retata antidroga a New Orleans, Lee trova rifugio in una decadente Città del Messico degli anni ‘40. In quella che è nota come la “capitale mondiale del delitto”, Lee si aggira tra locali sempre più sordidi, popolati da ind...

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Sono almeno trenta le località citate nel viaggio. Inizia a scrivere Queer nel 1952, ma il romanzo verrà poi pubblicato solo a metà degli anni ‘80; Kerouac che lo visita così lo descrive: «un genio folle in un appartamento pieno di spazzatura. Stava scrivendo. Aveva un aspetto feroce, però gli occhi erano innocenti, azzurri e bellissimi». Le droghe sperimentate sono ad elenco completo, compresa la amazzonica – da noi tornata recentemente ai disonori della cronaca– Yage o Ayahuasca, indicata come in grado di suscitare forme di telepatia. Il protagonista del romanzo ci appare come persona disintegrata, insicura, sempre bisognosa di un qualche contatto. Ma, come si descrive Burroughs, «le limitazioni dei suoi desideri erano come le sbarre di una gabbia, come catena e collare…, non si era mai rassegnato e i suoi occhi guardavano fuori tra le sbarre, attenti, all’erta, in attesa che il guardiano dimenticasse di chiudere la porta…».
Romanzo non facile. Senza sogni, senza speranze.

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