Anche quest’anno la componente sonora-musicale dei film della Mostra del Cinema (ma i film in cui non appare nessuna indicazione sull’argomento sono tantissimi) risponde agli equilibri e ai mix riscontrati nelle edizioni precedenti. Una manciata di star dello score, che sembrano aver consolidato con i registi dei film che sono chiamati a “musicare” una stabile relazione coniugale almeno de facto.
Alberto Iglesias con Almodóvar, Daniel Blumberg con Brady Corbet, Franco Piersanti quasi sempre al fianco di Gianni Amelio e anche qui in questo Campo di battaglia, Trent Raznor & Atticus Ross per la terza volta consecutiva a comporre le soundtrack dei film di Guadagnino, Hildur Guðnadóttir a firmare anche il secondo Joker di Todd Phillips, dopo la bella prova offerta con il primo, anche se Variety ha riportato che il film sarà soprattutto un jukebox musicale, con almeno 15 cover di canzoni famose. E poi ancora il grandissimo Danny Elfman, che ha scritto la musica del sequel di Tim Burton Beetlejuice Beetlejuice, 36 anni dopo l’impareggiabile colonna sonora del primo film; ma va detto che Elfman ha firmato tutte le colonne sonore dei film di Burton, fatta eccezione per Ed Wood, Miss Peregrine e Sweeney Todd. C’è poi da registrare qualche sorpresa assai interessante, che crea un po’ di attesa attorno alle prove di giovani musicisti ancora non pienamente affermatisi nel mondo del cinema. Uno è il nostro Colapesce, alla sua seconda prova con il film di Grassadonia & Piazza su Matteo Messina Denaro; l’altro è Tóti Guðnason, sì, proprio il fratello di Hildur, che ha composto la musica del film di Mastandrea, anche lui al secondo score dopo la bellissima, spettrale prova offerta con Lamb, prodotto da Bela Tarr, film islandese a metà tra umorismo kafkiano e perturbante freudiano.
Anche quest’anno la selezione comprende qualche opera indirizzata al mondo del pop e del rock, verrebbe da dire che oramai è un trend consolidato questo: un doc sul mitico concerto dei Beatles allo Shea Stadium nell’agosto del 1965, quando il gruppo dovette fronteggiare migliaia di spettatrici, tra i 56.000 presenti, istericamente urlanti di gioia, e uno su un altro celebre concerto newyorkese, quello di John Lennon e Yoko Ono, arrivati da poco in città e desiderosi di liberarsi dalla polvere che ancora era rimasta loro addosso dai tempi della separazione dei Fab Four.
Grande curiosità poi per Maria, uno dei film più attesi della Mostra, che ripercorre gli ultimi giorni della vita della divina Callas, la quale aveva smesso di cantare tre anni prima a Sapporo, a conclusione di una non felice tournée mondiale con Giuseppe Di Stefano. Chissà se nei giorni che precedettero il 16 settembre 1977, al numero 36 di avenue Georges Mandel, Maria Callas avrà ascoltato la sua voce dei momenti trionfali, quella voce per cui le fu attribuito il ruolo che prima di lei era appartenuto solo alle grandi cantanti dell’Ottocento, come Maria Malibran e Giuditta Pasta: soprano drammatico d’agilità (mi perdonino i melomani per la mia banalizzazione: è come se Usain Bolt a Pechino 2008 avesse vinto, oltre che i 100 e i 200, anche la gara dei 10.000 metri…). Se così fosse accaduto, speriamo allora che nel film questa parte sia stata ignorata.
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E poi c’è tutto il resto, ovvero l’ignoto, decine di pellicole magari senza compositore, senza sound designer, senza canzoni originali, ma che ci regaleranno momenti di intensa emozione musicale, attimi imperdibili dove il suono, la musica riusciranno, anche solo per qualche attimo, a condurre per mano le immagini, a indirizzarle verso quel luogo in cui tempo e spazio si confondono.
Al di là di ogni stucchevole ragionamento sulla natura ancillare della musica da film, regaliamoci per concludere, e prima di iniziare il gran ballo del festival, il gusto di un gioco: con quello che già oggi abbiamo in mano, senza nemmeno aver ascoltato neppure una-nota-una delle colonne sonore di questa imminente Mostra del Cinema 2024 (!!), costruiamo una playlist di musiche da film capaci di darci un brivido, un’emozione, una vibrazione in cui per un attimo perdiamo ogni connessione con il logos.
Ecco quindi una manciata di tracce musicali, selezionate senza alcun ordine, diciamo pure confusamente, che sentiremo durante questa Mostra o che comunque sono collegate alle opere presentate in Mostra.
dal film La Notte, di Michelangelo Antonioni (sezione Venezia Classici).
Nessuna musica come questo blues strappato alla stanchezza di una notte passata a vivere ci restituisce l’atmosfera fredda e tagliente di un nuovo giorno anch’esso da attraversare: senza complicità, senza nessuna promessa, proprio come la scena del film.
Collegato al documentario “I will revenge this world with love – Sergej Paradjanov” , di Zara Jan (sezione Venezia Classici), Il film è un unico flusso visivo e sonoro immerso nei simbolismi della popolazione Hutsul dell’Ucraina, dove musica, colore ed immagine si coalizzano insieme regalandoci un capolavoro assoluto, che è anche un’esperienza totale di confusione dei sensi.
Collegata al film Maria, di Pablo Larrain (Venezia 81 Concorso).
Stupiscono l’equilibrio, la lucidità e la passione con cui Callas manifesta la sua volontà di trasmettere la sua sapienza ai giovani.
Collegata alla masterclass che Patti Smith terrà al Lido il 31 agosto (programma Isola di Edipo).
Medea, Pasolini, Callas, Patti Smith: tutto si tiene nel mondo epico dell’artista americana, che torna alla spoken word come agli esordi, ai suoi versi così incisi e così spudoratamente semplici.
Dal film Beetlejuice (1988), di Tim Burton, collegato al film Beetlejuice Beetlejuice (Fuori Concorso).
Pezzo brevissimo ma di intensità stravinskiana, che sintetizza bene il genio compositivo e timbrico del maestro americano.
Collegato al film Sanatorium under the sign of the Hourglass (2024), dei Quay Brothers (Giornate degli Autori).
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Collegato al film Pavements, di Alex Ross Perry (Orizzonti)
Per fortuna il film sui Pavement non è il classico e noioso biopic, e nemmeno un rockumentary, ma, a detta del regista, un ibrido tra fiction e realtà, un film multi-strato e forse anche multi-verso che è l’unico modo possibile per avvicinarsi all’alchimia unica che fece dei Pavement il gruppo prediletto della Generation X più introversa e sfigata…