Tra gli avvenimenti narrati da TWST / Things We Said Today del regista Andrei Ujică – il concerto dei Beatles allo Shea Stadium di New York del 15 agosto 1965 – e quelli raccontati da Kevin Macdonald e Sam Rice-Edwards nel doc One to One. John & Yoko (il concerto di beneficenza che Lennon e Yoko Ono diedero al Madison Square Garden il 30 agosto del 1972) – passano sette anni, ma sette anni, in quella specialissima stella pulsar che è la storia dei Beatles dal 1960 fino a pochi anni dopo il loro scioglimento nel 1970, dove ogni mese ha la densità storica di un decennio, sono davvero un abisso temporale. Quattro sono state le tournée dei Beatles negli Stati Uniti e ciascuna definisce uno specifico momento nella storia del gruppo. Le due del 1964 (febbraio e agosto) segnarono il primo solido successo dei Beatles negli USA e ne fecero il primo gruppo inglese a conquistare il pubblico americano; quella del 1965 li portò al successo divistico, ad acquisire quello status di rockstar che era materia parecchio nuova per i tempi; quella del 1966 fu la loro ultima tournée e segnò la decisione del gruppo di ritirarsi dalla scena live per concentrarsi esclusivamente nelle registrazioni in studio. All’interno di questo percorso di progressiva consapevolezza artistica del proprio valore, non c’è dubbio che il concerto dello Shea Stadium rappresenta forse il momento più alto del divismo beatlesiano. Quel giorno i Fab Four si trovarono di fronte a un pubblico di 56.000 spettatori, per lo più ragazzine urlanti e in preda all’isteria. Il documentario che fu tratto da quel concerto li vede sul palco in mezzo al prato dello stadio davanti a una lontanissima marea umana urlante e piangente; in certi momenti i quattro sembrano davvero impauriti, consapevoli che non sono loro i protagonisti di quella sera, ma il pubblico. Canteranno una manciata di canzoni, per una mezz’oretta, perché allora si usava così. La cosa più incredibile è la straordinaria incompetenza con cui i manager dell’industria discografica di allora gestirono l’evento, a partire dall’utilizzo di un impianto da 100 watt assolutamente insufficiente, impianto audio (quello che permetteva al pubblico di ascoltare) che era esattamente quello utilizzato dallo speaker dello stadio per dare informazioni ai tifosi nelle partite di baseball. In pratica i 56.000 spettatori ascoltarono il concerto attraverso gli altoparlanti disseminati nello stadio.
Dopo ben più di un decennio di lavoro, il regista rumeno Andrei Ujică presenta per la prima volta in assoluto Things We Said Today, un documentario sul famoso tour nordamericano dei Beatles. Il lungometraggio riporta una cronaca dettagliata dell’eccitazione che co...
Il nuovo documentario di Kevin McDonald e Sam Rice-Edwards è incentrato sull’ultimo concerto di John Lennon dopo la separazione dai Beatles, tenutosi al Madison Square Garden nel 1972, con la partecipazione di Yoko Ono. Il film offre uno sguardo intimo sulla ...
Il concerto di John Lennon e Yoko Ono dell’agosto del 1972 sembra davvero provenire da un’altra epoca: è un concerto vero, con una tecnologia adeguata alle esigenze, un gruppo in grado di rispondere alla pressione del pubblico, un leader che sul palco si muove come un animale da palcoscenico, nonostante negli ultimi sei anni le sue esibizioni pubbliche si fossero oramai ridotte quasi a zero. È il Lennon felice di aver scelto New York come città in cui vivere, di guardare al suo futuro libero dal fardello della pesante eredità dei Beatles. Tant’è che nella scaletta del concerto di New York c’è una sola canzone dei Fab Four, Come Together, tratta da Abbey Road, l’ultimo album registrato dai quattro. Quando si trattava di lanciare messaggi subliminali, Lennon era il numero uno!
Forse non molti sanno che, in qualità di gruppi spalla dei Beatles nel mitico concerto al velodromo Vigorelli del 24 giugno 1965, oltre a Fausto Leali e ai New Dada di Maurizio Arcieri, c’era anche questo gruppo, il cui leader, Guido Celestino Egidio Crapanzano, stabilitosi ad Atene agli inizi degli anni ‘60, era l’interprete del gruppo inglese le volte che le tournée li portavano nella capitale greca.
Dieci giorni prima del concerto, il 5 agosto 1965, Help!, la canzone con cui John descrive la sua angoscia di fronte al vertiginoso successo del gruppo, arriva al primo posto nella classifica inglese dei singoli più venduti.
Lo sapete, questa canzone, che Cilla Black portò al successo mondiale, non era altro che la cover de Il mio mondo, musica di Umberto Bindi e parole di Gino Paoli. Succede che i Beatles, il 27 agosto 1965, vanno a trovare Elvis Presley nella sua villa di Bel Air. All’inizio l’incontro è molto freddo: Elvis è seduto su una sedia e guarda i quattro baronetti seduti sul pavimento senza dire una parola. Poi l’atmosfera un po’ si scalda e iniziano a suonare insieme gli strumenti che ci sono nella stanza: ebbene, secondo la testimonianza di Lennon, la prima canzone con cui si rompe il ghiaccio quella sera è proprio You’re My World…
È abbastanza vicino alla verità affermare che mentre McCartney popolava le sue canzoni di personaggi letterari, al limite della mitopoiesi, Lennon invece parlava di se stesso, del suo “essere nel mondo”. Ennesima conferma è questa canzone, che racconta della sua personale disintossicazione (in gergo cold turkey era il tossico che si chiudeva in stanza per disintossicarsi senza la mediazione del medico). Nel ‘69 Lennon la propone ai Beatles, che, orchestrati da quella beghina di Paul, rifiutano: questo diniego è una delle infinite cause della rottura del gruppo, che ufficialmente viene fatta risalire al 10 aprile 1970.
Bellissima canzone di Yoko che non appare nell’album, ma solo nella edizione video del 1985. Con la sua vocetta tra angelico e demoniaco, Yoko canta uno dei testi più spietati della musica rock. Imperdibili i coretti che le fa John in sottofondo…