Truffaut, si sa, girò La Peau douce in opposizione a Jules e Jim (e più tardi Domicile conjugal in opposizione a La Peau douce). Questo splendido film – fischiato allora a Cannes – descrive con un montaggio serratissimo un adulterio borghese, tutto menzogna e paura, dalla conclusione tragica (assai criticata, ma presa da un fatto di cronaca). Pierre Lachenay, famoso intellettuale, è affascinato da una giovane hostess ma terrorizzato all’idea di essere colto in fallo. Debole di carattere, maldestro nei sotterfugi (un gaffeur, diceva Truffaut). Per quanto Pierre, un anti-Antoine Doinel, sia l’opposto di Truffaut, esiste un inquietante elemento autobiografico nel film: il suo appartamento è quello dei coniugi Truffaut, che si stavano separando. Robert Lachenay, che dà al protagonista il cognome, era non solo un grande amico, ma un alter ego di Truffaut, il quale firmava Lachenay vari suoi articoli.
La Peau douce descrive con un montaggio serratissimo un adulterio borghese, tutto menzogna e paura, dalla conclusione tragica (assai criticata, ma presa da un fatto di cronaca). Pierre Lachenay, famoso intellettuale, è affascinato da una giovane hostess ma terrorizza...
Truffaut aveva da poco intervistato Hitchcock per il suo celeberrimo libro e con il co-sceneggiatore Jean-Louis Richard si nutriva di film hitchcockiani. Ne La Peau douce l’influsso di Hitchcock è quindi forte. La celebre scena dell’ascensore è a ragione molto citata come esempio di dilatazione del tempo; ma basta osservarvi il montaggio degli sguardi per riconoscere Hitchcock a colpo sicuro e subito. Nelle vicissitudini di Lachenay a Reims c’è il meccanismo hitchcockiano degli ostacoli a successione; ma pure un tocco di umorismo quando in un albergo per coppiette vediamo entrare con una bionda un sosia di M. Hulot di Tati!