Le arti immersive hanno ingressi diversi e altrettanti esiti estetici. A questo punto, maturità del mezzo vuole che sia possibile distinguerne istanze originarie e traiettorie. Craig Quintero, ormai presenza stabile e certissima a Venice Immersive, entra nell’arte immersiva attraverso il teatro come direttore della compagnia Riverbed Theatre di Taipei. Ed è diverso affacciarsi alle XR passando attraverso l’arte scentica, piuttosto che attraverso il videogame. Due ingressi differenti, tra i molti possibili, con esiti espressivi ed estetici molto connotati. E promettenti per un mezzo, o piuttosto un nuovo ecosistema di tecnologie e linguaggi, che da una decina d’anni a questa parte ha seminato molto, a maggese, con raccolti discontinui.
Quintero ha una visione precisa, nitida. E questo non si nota soltanto dal nitore delle immagini a 360° che sa girare con meticolosità kubrickiana, è chiaro soprattutto dalle sue scelte estetiche. Il trittico che si conclude con A Simple Silence, il pezzo in Concorso quest’anno a Venice Immersvie, vive dell’immaginario di un regista che ha progressivamente e intenzionalmente violato i confini del teatro e delle arti sceniche, in un magistrale gioco di prossimità, di connessioni, di richiami urgenti alla presenza spettatoriale viva, di carne, di corpi e di sogni.
Il suo teatro immersivo si svolge tutto in uno spazio onirico, intrapsichico, dove prevale una sorta di montaggio delle attrazioni che regala al video a 360° un senso che prima non aveva. Niente bruschi scavalcamenti di campo, ma spazi coesi e coerenti, pensati con un occhio al teatro, alla sua fissità, e uno al cinema. L’immagine ha una coerenza plastica notevole e la fruizione ne risulta incantata, sospesa in una condizione ipnagogica in cui il simbolico prevale sul referente oggettivo. Ingressi, uscite, movimenti, sguardi, apparizioni: tutto è felicemente elementare e concettualmente complesso in A Simple Silence. Come nelle migliori opere d’arte, in cui un miracoloso equilibrio estetico segna un’evoluzione linguistica dalla quale non si può più prescindere.
A SIMPLE SILENCE
di Craig Quintero (Taipei, 12’)