Earths To Come

di Riccardo Triolo
  • domenica, 1 settembre 2024

In un frangente in cui i media immersivi ripensano il proprio linguaggio, si fanno notare opere come Earths to Come, che nel processo creativo e nell’esito mostrano le tracce di una ricerca originaria e di una direzione da seguire. Prodotta da Biennale College, questa installazione in realtà virtuale è il primo prodotto VR di un’artista riconosciuta, Rose Bond, autrice di film d’animazione indipendenti sperimentali e spesso dedicati alle donne. Bond stavolta è partita molto felicemente da un testo di Emily Dickinson, I have no Life but this e dalla suggestione grafica del manoscritto originale, che lei riproduce liberandolo dalla bidimensionalità della carta e animandolo con la maestria che solo chi sa adoperare una matita può conferire a un’opera di impostazione sostanzialmente pittorica. A ispirare l’artista è stata l’occasione di coniugare il canto libero della Dickinson, un richiamo alla vita, all’urgenza di uscire dall’isolamento cui ci ha costretti la pandemia. Un fortunato e maturo connubio quello tra poesia, suggestioni grafico-pittoriche e mezzi immersivi, per un’opera di rara coerenza estetica. Ed è curioso che l’espressione dell’urgenza di evadere sia consegnata innanzitutto al suono, tra i protagonisti delle opere esposte quest’anno all’Immersive Island. Il coro Roomful of Teeth, le cui voci spazializzate cantano il testo di Dickinson ricomposto, riassemblato, scorporato eppure riconoscibilissimo nell’afflato libero e nella sottile disperazione, per tutta la durata dell’esperienza evoca uno spazio ulteriore rispetto a quello visivo, che possiamo esplorare a 180° (scelta questa a mio parere un po’ limitante). Uno spazio lirico, intimo, eppure corale e ambientale: il VR è adoperato cioè come una lanterna magica, come spazio immersivo in cui immagini e suoni sono in grado di sintonizzare la percezione dei fruitori (l’opera è concepita per la fruizione collettiva).
Si ha l’impressione di assistere davvero a un’opera seminale, alla promessa di qualcosa di là da venire, esattamente come quando a fine Ottocento gli spettacoli itineranti del pre-cinema preannunciavano il salto antropologico che ci porta qui, oggi.
Restiamo in ascolto…

EARTHS TO COME
di Rose Bond (USA, 13’)

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