E se fossero Einstein e Freud a spiegarci il perché della guerra? A dar loro voce, drammatizzando un famoso carteggio tra i due geni, è l’israeliano Amos Gitai, che da sempre filma le laceranti contraddizioni del suo Paese da un punto di vista scomodo, dialettico e colto. Film necessario oggi come non mai, il suo Why War (Fuori Concorso) è stato concepito proprio all’indomani dell’assalto di Hamas e della terribile offensiva israeliana. Anche Campo di battaglia (Concorso) di Gianni Amelio è un racconto di guerra, la prima guerra mondiale vista attraverso gli occhi di due soldati (Alessandro Borghi e Gabriel Montesi) dalle visioni opposte e dall’amore condiviso per Anna (Federica Rosellini). Ad assumere la prospettiva della guerra (simulata che sia…) è anche la soggettiva continua di Baby Invasion, nuovo esperimento di Harmony Korine, girato con il suo collettivo multimediale EDGLRD come un videogame sparatutto e presentato Fuori Concorso. Nuovo capitolo della ricerca dell’autore indie più audace d’America che, da Aggro Dr1ft (Fuori Concorso lo scorso anno) in poi sta cercando le vie di un post cinema, a colpi di provocazioni visuali. Due i film che oggi invece ritraggono le vite di adolescenti, annoiati o innamorati, comunque sempre portatori di futuro. Insofferenti e curiosi, i ragazzi della Francia orientale di Leurs enfants après eux dei gemelli Ludovic e Zoran Boukherma (Concorso) si spingono oltre il torpore delle loro lunghe estati dei primi anni ‘90, curiosando in un’isola per nudisti e finendo per trovare lì amori e altre catastrofi. Amicizie e ancora amori anche nell’italiano La storia del Frank e della Nina (Orizzonti Extra) di Paola Randi, vicenda di ragazzi ai margini, tra l’hinterland e Milano, e nel francese Mon inséparable di Anne-Sophie Bailly, con Laure Calamy nel ruolo di una madre che affronta la nuova relazione del figlio con una ragazza disabile. Il graffitista Carlo e Frank, il suo migliore amico, incontrano Nina, ragazza madre in fuga da un matrimonio forzato verso una Milano romantica e avventurosa, distante dalla monotonia delle loro case. È invece un’incursione nell’underground razzista americano dei primi anni ‘80 The Order, dell’australiano Justin Kurzel (Concorso). Basato sul libro di Kevin Flynn e Gary Gerhardt The Silent Brotherhood, il film è un’indagine sul gruppo organizzato di suprematisti bianchi che terrorizzò il Nord Ovest degli USA con il proposito di rovesciare il governo federale. Perché le guerre, si sa, possono nascere anche dal cuore delle più solide democrazie.
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Esploratore dei limiti dell’audiovisivo e delle contaminazioni del cinema con altri linguaggi ed espressioni artist...
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