Afrogallonismo radicale

Serge Attukwei Clottey, scambio e riutilizzo come risorsa sociale
di Giovanna Tissi

Fra i 37 invitati a partecipare alla sezione Dangerous Liaisons dalla curatrice Lesley Lokko, un posto d’onore è stato certamente riservato allo Studio di Serge Attukwei Clottey che ha creato un’iterazione del progetto definito dall’autore Afrogallonism.

La vasta installazione si configura come un arazzo astratto monocromo composto da tessere di plastica gialle, sospeso sulla superficie mobile dello spazio acqueo definito dall’edificio delle Gaggiandre, un sito fra i più esclusivi e prestigiosi del complesso dell’Arsenale (secondo forse solo alla Sala d’ingresso delle Corderie). Doveroso quindi cercare di rintracciare – guidati dai testi curatoriali – quali possono essere le motivazioni che hanno indotto Lokko alla scelta di un practitioner la cui attività, rientrando piuttosto nell’ambito delle Arti visive, potrebbe suscitare contrarietà da parte dei puristi dell’Architettura. Fra i punti nodali del testo della curatrice si sottolinea come Il Laboratorio del Futuro «non ha un’impronta didattica. Non conferma direzioni, non offre soluzioni o impartisce lezioni. Invece è inteso come un momento di rottura, un agente di cambiamento».

Serge Attukwei Clottey, ph: Marco Zorzanello, courtesy La Biennale di Venezia

L’installazione Time and Change, che introduce la pratica dell’Afrogallonismo di Serge Attukwei Clottey, è decisamente “un agente di cambiamento” radicale. Grazie all’immaginazione di questo artista “totale” proveniente dal Sud del mondo, tagliando, forando, cucendo e fondendo materiali recuperati dalle taniche gialle chiamate gallone – nate per contenere olio e riusate come contenitori in tutto il Contenente africano, tanto da entrare a pieno diritto fra gli stereotipi più comuni nell’iconografia del “realismo pittorico black” –, il materiale considerato “scarto” dalle economie sviluppate, non solo assume un valore inimmaginabile grazie al suo utilizzo per la realizzazione di opere d’arte, ma ha anche modificato radicalmente l’economia della comunità in cui viene lavorato. L’artista è partito dalla necessità di riutilizzare materiali di riciclo, gli unici disponibili nel Continente africano – per le reali difficoltà di accesso a materiali “accademici” come tele e colori – per esprimere la propria visione del presente e la propria immaginazione del futuro.
Dal Villaggio di Labadi in Ghana, dove è nato nel 1985 e dove ha sviluppato la sua pratica artistica anche in seno alle manifestazioni di street art del Chale Vote Festival, le installazioni di Clottey sono state esposte nelle più prestigiose manifestazioni internazionali d’arte del mondo, fino ad arrivare a Venezia, nel cuore di Biennale Architettura. Con il suo progetto, Clottey utilizza l’architettura delle Gaggiandre per creare un’installazione site-specific, elevando i materiali di riciclo a potente simbolo del sistema economico informale del Ghana, basato sullo scambio e il riutilizzo.

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