Progettare l’emergenza

Time Space Existence: indagine plurale sui temi della migrazione
di Redazione VeNews

Le diverse forme della sostenibilità nel panorama internazionale dell’architettura sono oggetto della mostra Time Space Existence, un’indagine significativa e plurale sui temi attualissimi della migrazione e uguaglianza sociale, tecnologia edilizia e ricerca sui materiali, sviluppi urbani futuri e edilizia abitativa.

Attraverso mezzi e prospettive diverse, progetti e studi consolidati, soluzioni innovative e sperimentali, ricerche emergenti e futuribili, l’edizione 2023 della mostra affronta in maniera proattiva queste tematiche, proponendo nelle tre sedi espositive di Palazzo Mora, Palazzo Bembo e Giardini della Marinaressa idee e soluzioni stringenti. In questo osservatorio allargato del contemporaneo particolare rilevanza assumono gli interventi e le proposte che affrontano su diversa scala le problematiche di assistenza e sostegno emergenziale relative agli spostamenti di individui o gruppi e alle migrazioni dovute a fattori economici, sociali, politici, ambientali e personali o a conflitti, persecuzioni, violazioni dei diritti umani o a disastri ambientali.
In collaborazione con il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM) e il Migration Policy Institute (MPI), il Civic Data Design Lab del Massachusetts Institute of Technology (MIT) documenta attraverso una spettacolare visualizzazione interattiva le cause profonde della migrazione in Centro America. A Palazzo Bembo il progetto Distance Unknown intreccia informazioni sensibili e dati scientifici, culturali ed economici raccolti dal PAM durante uno studio completo che ha coinvolto 5.000 famiglie di El Salvador, Guatemala e Honduras, restituendoli in forma di arazzo monumentale che rappresenta le forze che spingono le famiglie vulnerabili a intraprendere la migrazione.
Norman Foster Foundation (NFF) e Holcim portano a Palazzo Mora e ai Giardini della Marinaressa il progetto di ricerca Essential Homes, un modulo abitativo compatto e sostenibile, dal design lineare, semplice, rispondente ai comfort necessari, sicuro e confortevole. Un esempio di edilizia accessibile a tutti per questo adatto a mitigare gli effetti dell’attuale crisi del costo della vita e soprattutto rispondere al bisogno di giustizia sociale e spaziale, nonché rendere stabili situazioni precarie legate a campi profughi o a disastri naturali. Su questa stessa linea di indagine architettonica, viene proposta un’altra soluzione abitativa emergenziale da Hariri & Hariri, studio multidisciplinare con base a New York, che a Palazzo Mora porta il progetto POD, moduli prefabbricati pieghevoli, economici e sicuri, ispirati agli origami per la forma originale e scultorea, tuttavia agili e pratici per far fronte a necessità abitative temporanee.

Hariri & Hariri, POD – Time, Space, Existence 2023, Palazzo Mora

La crisi economica (disuguaglianza, informalità, precarietà), ambientale (cambiamento climatico, scarsità di risorse, produzione alimentare) e sociale (isolamento, polarizzazione, solitudine) hanno dato vita a nuovi modelli di comunità e condivisione. Perché e come i partecipanti hanno abbracciato i collettivi? Il Future Urban Collectives Lab del Massachusetts Institute of Technology (MIT), diretto dal professore Rafi Segal, presente e attivo a Palazzo Mora, si interroga su quali forme future di coabitazione, coproduzione e coesistenza possano esistere su varie scale: «To share or not to share?».

L’attenzione e l’impegno a formare la prossima generazione di pensatori e creativi capaci di sviluppare idee, processi e azioni migliori a sostegno dei diritti umani è alla base del progetto immersivo Contesting and Bridging Boundaries and Borders: the US-Mexico Indigenous and Migration Experience (Contestare e superare i confini e le frontiere: l’esperienza indigena e migratoria degli Stati Uniti e del Messico), ideato da Miami University (Diane Fellows, Gion DeFrancesco), Falcon Art Center Foundation, Global Indigenous Collective. A Palazzo Mora dipinti, video e murales partecipati dagli spettatori esplorano le lingue indigene e i temi della migrazione, del rifugio e della diaspora lungo il confine tra Stati Uniti e Messico. Le esperienze sui lati opposti del confine offrono l’opportunità per studiare come l’architettura possa facilitare o meno nuovi modi di considerare l’attuale narrazione della migrazione globale.