Partendo dall’inventario delle specie endemiche e autoctone custodito nella banca dei semi nella città di Vicuña, il progetto cileno propone di guardare al futuro in un’ottica di ‘riparazione ecologica’ dei danni inferti alla natura dall’uomo.
L’impianto espositivo è costituito da 250 sfere piene di semi che raccontano storie di speranza e di cura. Si tratta di semenze che possono colonizzare suoli altamente degradati, ripristinare lo stato di terreni contaminati, migliorare la qualità l’aria nelle città, ripristinare ecosistemi dopo catastrofi naturali, ricostruire paesaggi devastati da incendi. Questi semi entrano a far parte di progetti architettonici per affrontare le principali sfide architettoniche e urbane attuali, in un’ottica non più di progresso e produzione, ma di protezione e ripristino ecologico.
Il progetto è strutturato sulla base di tre diversi campi di attenzione: il Campo delle contingenze, dove l’architettura, in collaborazione con altre specie, dà forma a nuove relazioni di interdipendenza; il Campo delle esperienze, che impone di archiviare, raccogliere e custodire il semi; e infine il Campo delle situazioni, in cui il futuro, in termini di possibilità di immaginare architetture e città in grado di sostenere sia la vita umana che quella non umana, emerge dalla condizione stanziale per trasformarsi in ecologia in movimento.
Il futuro, ci stanno dicendo gli architetti cileni, va non solo progettato e costruito ma anche seminato, coltivato e protetto nella speranza di rimediare agli errori fatti.