La produzione dell’artista tedesca Maria Eichorn (Bamberg, 1962; vive a Berlino) sfida spesso le forme commerciali, impegnandosi in azioni dirette che sovvertono la logica delle istituzioni con un approccio quasi processuale. Sotto accusa sono le incongruità e le falle dei sistemi economicopolitici che controllano valori come il lavoro, il tempo, le libertà individuali e sociali. Per la Biennale 2022 l’artista si è concentrata sulla storia del Padiglione tedesco ai Giardini. L’architettura dell’edificio, costruito nel 1909 in stile neoclassico e nominato inizialmente Padiglione bavarese, ha subito nel tempo diversi interventi che riflettono i cambiamenti del contesto storico e politico dei primi decenni del Novecento. Nel 1912 assume il nome di Padiglione tedesco e nel 1938 viene riprogettato per riflettere i canoni estetici dell’architettura fascista. In quell’anno hanno luogo i lavori di ampliamento dei volumi in profondità, con aggiunte posteriori delle gallerie laterali e del salone centrale, e in altezza, con un’azione di sollevamento della copertura di ulteriori 4 metri. L’intervento di Maria Eichorn riporta alla luce le tracce del progetto originario, dando visibilità alla struttura sia interna che esterna dell’edificio realizzato nel 1909.