Il tempo scorre alla rovescia nel Padiglione svizzero, in un controcanto di luci e suoni. In fitto dialogo con le architetture dell’edificio progettato da Bruno Giacometti Latifa Echakhch (Marocco, 1974) ‘orchestra’, in collaborazione con il percussionista Alexandre Babel, una mostra che muta d’atmosfera di sala in sala, evocando antichi riti folcloristici e roghi rituali presenti in ogni cultura. Le grandi sculture, velate da un’oscurità incombente, sono parte di un’esperienza avvolgente, di una proposta ritmica e spaziale che offre una percezione più profonda del tempo e del corpo. «Vogliamo – afferma l’artista – che il pubblico lasci l’esposizione con la stessa sensazione di quando si esce da un concerto. Che senta l’eco di questo ritmo, di quei frammenti di memoria».