L’Arabia Saudita con IRTH-eredità, a cura delle sorelle Basma e Noura Bouzo e progettata dall’architetto AlBara Saimaldahar, attua un’esplorazione interattiva a cavallo tra passato e futuro, prendendo le mosse dalla terra, l’elemento costitutivo dell’architettura tradizionale Saudita. Viene preso in esame il rapporto simbiotico tra materiale e immateriale, unione che condiziona la percezione di chi abita un luogo e il suo rapporto con lo spazio. Elemento strutturale e materiale di rivestimento architettonico, la terra viene usata ed evocata nella consistenza e nel colore che attraversa l’intera gamma tonale della terra rossa d’Arabia, dall’entroterra alla costa del Mar Rosso. Il viaggio inizia attraversando sei archi, prefigurati come portali di accesso. Questi trasmettono un’idea parimenti di imponenza e leggerezza, evocando da un lato le architetture monumentali scolpite nella pietra e nelle grotte, possenti, apparentemente indistruttibili e durature nel tempo, e dall’altro la transitorietà della condizione materiale, instabile come la sabbia del deserto di Rub’ al-Khālī, detto il “quarto vuoto”, con il rivestimento esterno che progressivamente viene meno fino a scomparire del tutto.
Nelle parole delle curatrici, «“Irth” è la traslitterazione di una parola araba che può significare tanto eredità quanto possedimento prezioso, e che racchiude il senso della nostra visione curatoriale per il Padiglione dell’Arabia Saudita. All’interno di un contesto architettonico, i materiali contengono in sé delle narrazioni che molto ci raccontano degli abitanti di un Paese o di un’area geografica e di come hanno risposto al mondo intorno a loro. Allo stesso modo, ci rendiamo conto che è in gioco un’eredità dinamica su cui è possibile costruire partendo da uno sforzo collettivo e continuo sia da parte delle istituzioni che dei professionisti locali».