(1973, USA, 132')
Il realismo della possessione (i fenomeni preternaturali, il vomito, le oscenità) è l’aspetto più evidente ma non è il cuore de L’esorcista: che non è un film dell’orrore ma del dolore. Prima di irrompere nel corpo di Regan, l’inferno sta già nel dolore umano (il barbone, la madre senile, le pazze); e lo scopo del diavolo è di convincerci che Dio non ci ama. È una leggenda metropolitana quella delle morti sul set o fra le persone collegate; è vero invece che sorsero varie dispute, in primo luogo quella tra William Friedkin e lo sceneggiatore-produttore Peter Blatty per i tagli apportati al primo montaggio di 140’. Ma il film nelle sue ricomparse sta via via tornando a quella prima versione.
Il suo cult L’esorcista e il suo ultimo film in programma alla Mostra