La pratica dello studio è divisa in tre ambiti: arte e produzione, progetto e paesaggio, ricerca e urbanistica. Tratto comune: la pratica come ingaggio sociale. È questo che lo studio di Walter Hood mette in campo, misurandosi con quel che lui stesso definisce “Black Landscapes”: un modo di vivere idiosincratico, controculturale e non-normativo da cui è possibile sviluppare un linguaggio estetico “profetico”, capace di fare memoria e allo stesso tempo di costruire nuovi futuri dalla potenza del passato. Un altrove fatto di paesaggi “che dicono la verità”, su cui definire nuove narrative del molteplice e della differenza.