Falliti di successo

Luanda Casella a Biennale Teatro 2024 con "Elektra Unbound"
di Loris Casadei

L’autrice ci parla del suo rapporto con il teatro, dei suoi riferimenti per il nuovo spettacolo – Sofocle, Euripide, Hofmannsthal, Yourcenar – e della sua personale rivisitazione delle figure classiche di Clitennestra ed Elettra…

Non c’è inizio, non c’è fine, ma solo un infinito scorrere tra diverse emozioni. La società dell’affettazione, più che dell’affetto

Luanda Casella si definisce ufficialmente una «scrittrice, storyteller e performer brasiliana, che vive e lavora in Belgio dal 2006», artista residente all’NTGent di Gand. Le sue opere si presentano come spunti di riflessione sulla società in cui viviamo e sul modo in cui la viviamo. Già nel 2020 il suo Killjoy Quiz prendeva di mira i talent show, da X Factor a Got Talent, per indagare l’ossessione occidentale per il successo e la felicità che si suppone ne derivi. Sulla scia di Shoshana Zuboff, Casella sembra adombrare che oggetto di scambio non siano più solo le informazioni, ma le persone stesse con le loro esperienze di vita, e che il sistema di controllo sociale non si basi più sulla repressione, quanto piuttosto sulla seduzione. Commedia tragica, Elektra Unbound ritorna sul tema dell’esporsi nel mondo dello spettacolo: una giuria deve selezionare tra tre candidati l’interprete che vestirà i panni di Elettra. Ad un personaggio in Sofocle di donna volitiva e irremovibile si contrappongono tre attori i quali, pur decisamente aspirando al ruolo, rivelano a tratti il fallimento e la disillusione della propria vita. Una sofferenza nascosta, negata a sé stessi, perché nella nostra società i pensieri negativi vanno allontanati, il dolore non ha cittadinanza, bisogna evitarlo. Da seguire con interesse sono anche le musiche di Pablo Casella, che associa un tema ad ogni personaggio, senza dimenticare il coro, che riflette il possibile giudizio e umore del pubblico, così come il fascinoso gioco di luci e la scenografia di Shizuka Hariu, visionaria designer celebre per i suoi allestimenti ‘spaziali’ a Tokio, Londra, Monaco.

Elettra: Sofocle, Euripide, Hofmannsthal, Yourcenar. Quale fonte ha ispirato di più il suo lavoro?
Siamo partiti dalla traduzione di Anne Carson dell’Elettra di Sofocle, ma dal momento che stavamo lavorando su una commedia ci sono anche molti riferimenti al modo in cui Euripide ritrae lo stesso personaggio: la sua forza iperbolica, le esagerazioni…

Clitennestra, dopo secoli di condanna, sta vivendo ora una sorta di processo di rivalutazione, vedasi, tra gli altri, l’ultimo lavoro di Bob Wilson. Che valori assegna al personaggio nella sua pièce?
Elektra Unbound prende la forma di un’audizione, quindi Clitennestra non è strettamente un personaggio della recita, salvo i momenti in cui gli attori provano la scena in cui lei incontra Elettra sulla soglia del palazzo e cominciano a litigare. Clitennestra è comunque presente nei personaggi delle madri delle tre attrici, con cui ciascuna ha un rapporto molto conflittuale. Il mio personaggio rappresenta anch’esso una sorta di figura materna, che secondo molti sembra prendersi cura dello spirito di Clitennestra. La mia ispirazione, tuttavia, è Cassandra. Lua è una regista teatrale piena di rancore che crede di essere visionaria e vive nella paura che la sua profezia, una tragica morte sul palcoscenico, non si avveri.

Set design firmato Shizuka Hariu, magnifica sintesi tra mito classico greco e programmi trash tv. Vede dei legami tra questi due mondi?
Nel disegnare la scena io e Shizuka ci siamo confrontate spesso su come portare le scene di questi talent show televisivi, che sono molto drammatici, nel mondo del teatro. Ci siamo ispirati alla teoria camp, l’arte dell’esagerazione, e con la costumista Jo De Visscher abbiamo deciso per un’estetica surreale: vestiti monocromi, luce blu fredda, montagne appese, una “rampa verso il successo” che non porta da nessuna parte…

Abigail, Emma, Bavo, le tre concorrenti. Che profilo psicologico ha loro assegnato?
Ciascun “attore” è stato ispirato da figure tragiche moderne così come le abbiamo trovate sui social media: la diva-bambina dimenticata autolesionista per attirare l’attenzione, quella ossessionata dalla bellezza che rincorre un intervento di chirurgia estetica dopo l’altro, il ricco viziato che ha perso il contatto con la realtà. Ognuno ritrae anche un aspetto diverso del carattere di Elettra: quello chiassoso, quello dipendente dagli uomini, il privilegiato.

In tutta la sua produzione sembra emergere una forte critica nei confronti della capacità umana di comunicare, non solo in tv o nei nuovi media, ma anche in letteratura o nella conversazione. Una nuova Società dello spettacolo, da Guy Debord a Luanda Casella…
Credo che tutte le mie opere teatrali abbiano a che fare con il fallimento della comunicazione umana. Ho volutamente scelto di lavorare con media popolari e sovvertirli per avviare un dibattito su quanto sia precario il mondo dei media. In Elektra Unbound, il modo di operare di Tik Tok ha influenzato il processo drammaturgico: non c’è inizio, non c’è fine, ma solo un infinito scorrere tra diverse emozioni. La società dell’affettazione, più che dell’affetto. Guy Debord è sicuramente un altro punto di riferimento. Il suo lavoro è rimasto fondamentale per molti anni, ma anche Psicopolitica. Il neoliberismo e le nuove tecniche del potere di Byung-chul Han è stato di grande ispirazione.

Immagine in evidenza: Elektra Unbound – Photo Michiel Devijver

Biennale Teatro 2024 – Niger et Albus

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