A me gli occhi

Marina Apollonio, al di là del cerchio
di Michela Luce

Dal 12 ottobre alla Peggy Guggenheim Collection la prima esaustiva personale dedicata in Italia all’artista che sfidava la percezione attraverso geometrie e illusioni ottiche.

Fu “contagiata dal virus dell’arte” proprio a Venezia, dove scoprì la sua vera passione. Marina Apollonio, triestina classe 1940, arrivò in Laguna a soli otto anni quando il padre Umbro, studioso e critico d’arte accettò il prestigioso incarico alla direzione dell’ASAC, alla cui guida restò dal 1949 al 1972, rendendolo uno dei più importanti ed imprescindibili luoghi di consultazione e archiviazione interdisciplinare di materiale storico artistico della Biennale. Erano gli anni in cui Peggy si stava entusiasmando per la città, circondandosi di talenti per dare forma e sostanza alla sua collezione.

Nel frattempo Marina cresceva e compiva i primi passi d’artista frequentando l’Accademia di Belle Arti; dedicandosi successivamente all’arredamento di interni, fu attratta dal rigore della matematica applicato all’arte. Inizia le proprie ricerche attorno alla percezione visiva nel 1962, appassionandosi al linguaggio oggettivo della geometria che nel cerchio aveva la sua massima espressione visiva. «Ogni mia ricerca plastica vuole essere un’indagine sulle possibilità fenomeniche di forme e strutture elementari. La forma elementare ha in sé l’astrazione totale in quanto è costituita da un programma matematico… l’azione si svolge con assoluto rigore in un rapporto diretto tra intuizione e verifica: intuizione a livello ottico e verifica su un sistema matematico». Da qui parte la nuova mostra della Collezione Peggy Guggenheim, dal 12 ottobre al 3 marzo 2025, Marina Apollonio. Oltre il cerchio, prima esaustiva personale dedicatale in Italia curata da Marianna Gelussi, che presenta un centinaio di opere provenienti dallo studio dell’artista, da musei nazionali e internazionali tra i quali la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e di Torino, il Mart di Rovereto, i tedeschi Kunsthalle e Ritter Museum di Waldenbuch, la francese Fondation Villa Datris de l’Isle-sur-la Sorgue. Una finestra aperta sul periodo Optical che caratterizzò le ricerche dalla metà degli anni Sessanta agli anni Settanta, con un fiorire di movimenti e tendenze nazionali e internazionali, da Nuova Tendenza 3 a Zagabria, al Gruppo N di Padova, al Gruppo T di Milano, al Gruppo Azimuth, fino al Gruppo 0 di Düsseldorf, ai quali Marina Apollonio guarderà con attenzione senza mai aderirvi, dialogando con gli amici Getulio Alviani, Dadamaino, Piero Manzoni e Enrico Castellani, Nanda Vigo, Bruno Munari. Li accomunava quello slancio utopistico, l’urgenza di superare la realtà, ma non in chiave informale, piuttosto rivoluzionando il linguaggio espressivo, rendendolo oggettivamente legato al presente in una nuova forma di democratizzazione dell’arte. In mostra si ripercorrono le molteplici ricerche di Apollonio, dal rigoroso metodo esecutivo alla sperimentazione sui materiali che spingono a una dinamica percezione dello spazio attraverso la visione.

Così il cerchio, protagonista della serie iconica delle Dinamiche circolari, cui lavorò dal 1963, la portò a esplorare la struttura e le mobilità ottiche, laddove i Rilievi, tra i suoi primi lavori, si presentano come strutture metalliche che si aprono all’ambiente circostante con brillante vitalità. Le Gradazioni, eleganti pitture realizzate nella seconda metà degli anni Sessanta, sviluppano il colore programmato in cerchi concentrici, fino ai Rilievi a diffusione cromatica, pitture-rilievo dei primi anni Settanta, Espansioni di piccolo formato dello stesso periodo, quali esplosioni di colore graduate in linee concentriche. Per questa mostra l’artista ha inoltre realizzato due opere site-specific per consentire allo spettatore di Entrare nell’opera visivamente e con Endings persino attraverso la percezione acustica, grazie alla collaborazione col compositore Guglielmo Bottin. Un omaggio che non poteva mancare a questa sperimentatrice che proprio nel 1968 non era sfuggita alla lungimiranza e al fiuto di Peggy, di cui vide la personale esposta alla Galleria Barozzi. In quell’occasione le commissionò Rilievo 505, opera tutt’oggi parte della Collezione Guggenheim, un intreccio metallico in alluminio fluorescente dal forte potere attrattivo, così come quelle linee sinuose e mobili capaci di ipnotizzare lo sguardo.

Immagine in evidenza: Progressione, 1964 – Collezione dell’artista – Photo Sergio Martucci © Marina Apollonio | Dinamica circolare 6Z+H, 1968 – Collezione dell’artista © Marina Apollonio

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