Buio, viscerale, feroce. Ma anche luminoso, epidermico, onirico. Il teatro di Emma Dante è un dispositivo di opposizioni che trovano nel vuoto ancestrale del palco il loro habitat psichico e collettivo, insieme fenomenologico e spirituale. Chiude la trilogia dedicata a Basile questo Re Chicchinella coprodotto dal Piccolo e dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, in scena al Goldoni tra il 6 e l’8 dicembre
Una trilogia che, dopo Pupo di zucchero e La Scortecata, conclude un viaggio nel grottesco rivelatore delle fiabe, che è parte dell’immaginario e della pratica teatrale della regista palermitana. Immensa autrice di un teatro senza tempo, che fonde tradizione e avanguardia senza contrapporle, anzi ponendole in dialogo tramite giustapposizioni e assemblaggi liberi che le hanno concesso di esplorare mondi finora confinati entro steccati rigidi, puntualmente decostruiti e destrutturati, disossati nel tentativo di scoprirne i nervi, di roversciarne le viscere: forme e pratiche sceniche, testi, tradizioni, generi e sessi. Tutto in Dante viene messo a nudo e gettato in pasto ai corpi che animano le sue scene, dove il teatro gioca con la sua dimensione rituale originaria, in cui corpo e spirito danzano in un gioco degli opposti senza soluzione. Quando Dante rilegge Basile, il grottesco diventa una lente irridente e feroce attraverso cui osservare i contrasti che ci animano, i demoni che ci divorano. Si ride, sì, ma di un riso che squassa e sovverte.
Del resto il suo è un teatro nato dal dolore e dalla separazione, dalla madre, dalla famiglia, da una terra, la Sicilia, e da una città, Palermo, che sono teatro esse stesse, con i loro rituali, con i loro contrasti illuminati da un sole talmente impietoso da rendere vitale il bisogno di buio. Da lì Emma muove i primi passi nella seconda metà degli anni Ottanta, per trasferirsi a Roma, alla “Silvio D’Amico”, dove studierà al fianco dei principali esponenti della nuova scena teatrale italiana. E poi il sodalizio con Andrea Camilleri e la folgorazione del teatro d’avanguardia. La sua compagnia Sud Costa Occidentale le consentirà di raccontare innanzitutto Palermo, il dualismo originario che la anima e la rende allegoria dell’umanità intera, come una polis postmoderna. mPalermu, Carnezzeria, Medea: un premio dopo l’altro, assegnato a un linguaggio unico, di forza dirompente, di ritmo trascinante, di temi sociali e umani difficili, di epifanie e divinazioni. Un teatro che non intrattiene, che trasforma, che scardina e unisce, che crea costellazioni. Sono pièce originali o regie classiche o d’opera via via sempre più forti, in cui il linguaggio di Dante si precisa, si declina e si reinventa, senza mai diventare maniera.
E poi il cinema, con Via Castellana Bandiera, Le sorelle Macaluso, Misericordia: un cinema coraggioso, figlio della sua arte scenica, distillato di scrittura e inventiva. Emma Dante si muove ormai con disinvoltura tra teatro antico, opera, avanguardia e grande schermo, con epicità e lirismo, con comicità e potenza tragica.
Re Chicchinella è il suo ultimo gioiello: una fiaba nera, metafora del potere nella sua accezione universale, profondamente politica. Una gallina si introduce nel sedere di Re Chicchinella, con grande dolore del malcapitato, che intendeva solamente attendere alla propria igiene personale. La gallina si impadronisce del suo corpo, sembra divorarlo da dentro, non fosse che regala alla corte innumerevoli uova d’oro. Più il re mangia, più evacua oro. Perciò la corte non potrà che essere generosa e prodiga con lui, ricambiata da un capitale sempre più ingente. Una corte-pollaio, meccanica e bestiale, che costringerà il povero re che alimenta con le sue uova la vanità e la bramosia altrui, a prendere una decisione decisamente impopolare. Perché in effetti, sfuggire tanto quanto il nutrirsi e l’evacuare, il volere e lo sfruttare sembrano incistati nella ferale natura umana. E cosa meglio di una fiaba, cos’altro meglio di un teatro che smaschera, che denuda, che spolpa e disossa, può raccontare l’ossimoro tragico che lega la vita alla morte, e viceversa?