Nella Venezia del Cinquecento in laguna, tra gli scogli di Sant’Erasmo, viene pescato un pesce che non corrisponde a nessuna specie fino ad allora conosciuta. La sua forma è talmente strana che la notizia si diffonde in un battibaleno e porta scompiglio in città. Le sorti del misterioso pesce e della quiete dell’isola dipendono ora da una serie di fattori che vedono protagonisti una coppia di pescatori, Marina e Vettor.
Il Pesce mai visto, racconto di Antonella Barina del 1980, sviluppato dalla stessa autrice in una drammaturgia di parlata circumlagunare, combinata con un suo adattamento di un prezioso poemetto anonimo cinquecentesco, il Lamento dei pescatori veneziani, diventa così per il Carnevale un’Operetta piscatoria di pescatrici e pescatori, in scena Giovedì Grasso a Palazzo Trevisan degli Ulivi (alle ore 18 e alle 20.30).
Tra le ascendenze letterarie relative al protagonista Vettor, migrante di ritorno a Venezia, le avventure del cinquecentesco personaggio di Agnolo – sorta di Marco Polo del tempo – con i suoi viaggi nel Mediterraneo. La pescatrice Marina è invece un omaggio alla memoria delle donne che dalle isole portavano il pesce al mercato di Rialto eccellendo nella voga, abitudine che le ha rese infallibili regatanti, capaci come la famosa Maria Boscola di aggiudicarsi una sfida dopo l’altra in Canal Grande.