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Il latte dei sogni
L’European Cultural Centre rinnova la sua presenza alla Biennale Architettura con Time Space Existence. Abbiamo incontrato Rachele De Stefano, responsabile del progetto per l’architettura, per farci raccontare visioni, sfide e prospettive di questa edizione.
Vogliamo offrire uno spazio libero da pregiudizi di ogni tipo, dove le idee possano circolare, confrontarsi e contaminarsi.
Da oltre un decennio ormai uno dei protagonisti più dinamici del contemporaneo (arte e architettura) a Venezia, l’European Cultural Centre rinnova anche quest’anno il suo impegno con l’architettura in occasione della 19. Biennale offrendo visioni allargate sul nostro presente e sui possibili futuri che ci aspettano. Time Space Existence, la mostra che ECC organizza e che riunisce un gruppo internazionale di oltre duecento partecipanti provenienti da cinquantadue Paesi diversi, in questa edizione si orienta verso temi attualissimi quali Riparare, Rigenerare e Riutilizzare. Il percorso espositivo tra le tre sedi, Palazzo Mora, Palazzo Bembo e Giardini della Marinaressa, offre una selezione di progetti innovativi e stimolanti, destinati a plasmare nuovi modi di vivere e a rinnovare l’approccio all’architettura provando a delineare sue nuove prospettive di intervento. Architetti, designer, accademici e ricercatori sono chiamati a mettere in gioco la loro creatività e sensibilità con l’obiettivo di promuovere un cambiamento significativo per favorire lo sviluppo di un ambiente costruito sostenibile e rigenerativo. Un’impresa enorme, ad ogni edizione, costruire una mostra che metta in campo una così allargata partecipazione e offerta, che racconta di quanto una squadra internazionale e giovane oramai bella rodata, per la maggior parte al femminile, esprima al meglio la propria professionalità per raggiungere un risultato che negli anni si è connotato in maniera sempre più convincente, accreditandosi tra gli eventi significativi off Biennale. Di questa squadra abbiamo incontrato la persona che nell’ambito di architettura è la responsabile del progetto, Rachele De Stefano. Da lei ci siamo fatti raccontare la nuova edizione di Time Space Existence e le nuove sfide in atto nel mondo dell’architettura.
Time Space Existence: sono i cardini fondamentali attorno ai quali avete costruito una piattaforma espositiva composita che presenta a ogni edizione una selezione di progetti innovativi e stimolanti, destinati a plasmare nuovi modi di vivere e a rinnovare l’approccio all’architettura. Come sono stati tradotti questi concetti universali in curatela e come prende forma attraverso questi stessi concetti l’idea dell’esposizione di edizione in edizione?
I concetti di tempo, spazio ed esistenza sono principi universali che stanno alla base di ogni progetto artistico e architettonico. Con il nostro progetto ci impegniamo a stimolare una riflessione attenta e profonda attorno a questi temi al fine di far emergere questioni cruciali con cui tutti, non solo architetti e designer e ricercatori, ma anche cittadini comuni, ci confrontiamo ogni giorno, a partire dalla crisi climatica fino alle complesse sfide sociali e culturali che il nostro tempo ci chiede di ingaggiare. Ogni edizione diventa così una piccola finestra sul mondo, una raccolta di visioni e progetti selezionati da ECC dopo un lungo lavoro di ricerca, dialogo e confronto diretto con i partecipanti, spesso sviluppato nel corso di anni. La scorsa edizione aveva come tema centrale la sostenibilità, ma proprio grazie al confronto con i partecipanti è emersa la consapevolezza che assecondare esclusivamente tale tema non è più sufficiente per comprendere ed affrontare le complessità che connotano oggi il nostro abitare questo Pianeta. È necessario riparare, rigenerare e riscoprire una dimensione locale quale alternativa, essa sì sostenibile, a un modello globale iperstandardizzato. In questo contesto, i temi di repair, regenerate e reuse sono nati in modo naturale e condiviso, dando vita a un insieme di progetti che propongono, ciascuno attraverso le proprie ricerche, soluzioni potenziali e applicazioni concrete, offrendo una teoria di intriganti visioni su quello che potrebbe essere il mondo di domani.
La nuova generazione di architetti e di curatori appare interessata a idee più sperimentali, per esempio all’architettura narrativa o a quella legata alle scienze o all’intelligenza artificiale. Osservando e selezionando così tanti progetti provenienti da ogni parte del mondo, come in questi anni si è evoluta a vostro avviso l’idea di architettura?
L’intelligenza artificiale sta trasformando in modo radicale non solo la pratica architettonica, ma anche il nostro modo di vivere quotidiano. È uno strumento potente, capace di elaborare enormi quantità di dati e di immaginare in tempi rapidissimi scenari futuri, offrendo nuove possibilità progettuali e di analisi. Parallelamente, il legame tra architettura e scienza è oggi più che mai imprescindibile. In un mondo in costante e rapido cambiamento è fondamentale che chi progetta e prende decisioni mantenga un approccio rigoroso e fondato su dati affidabili e verificati. Abbiamo più che mai bisogno di chiederci il perché delle cose, di andare oltre le opinioni e basarci su verità, evidenze e analisi concrete. L’intelligenza artificiale può certamente supportare questo processo, ma scienza e architettura devono restare strumenti saldi di conoscenza, responsabilità e proposta. Con Time Space Existence vogliamo favorire proprio questo dialogo tra discipline, culture e approcci, dando voce a una pluralità di prospettive e linguaggi. La mostra si configura come una piattaforma aperta, inclusiva e multidisciplinare, in cui convivono studi affermati, team di ricerca universitari e giovani architetti di tutto il mondo che ci restituiscono nel loro insieme una visione dell’architettura come pratica collettiva, sperimentale e profondamente connessa con la realtà contemporanea.
La relazione con le altre discipline è un tema che è emerso spesso nelle ultime Biennali. Quanto la pratica dell’architettura vista in una prospettiva più ampia si rispecchia nella settima edizione di Time Space Existence? E quanto questa edizione indicherà strade nuove e alternative?
Il nostro gruppo di lavoro a ECC (European Cultural Centre) è formato da persone con percorsi di studio ed esperienze professionali assai diversi. Ritengo che questa pluralità rappresenti il vero punto di forza del nostro team, una varietà espressiva che si riversa inevitabilmente poi sulla mostra che andiamo a costruire. Ciò che ci interessa è offrire uno spazio libero da pregiudizi, dove le idee possano circolare libere, confrontandosi e contaminandosi fertilmente. E febbrilmente aggiungerei. Il nostro obiettivo è mostrare un’Europa dialogante, culturalmente viva, in relazione aperta e costante con il resto del mondo. Quest’anno molti progetti mettono al centro della propria proposta il concetto di contesto: gli ambienti sociali, naturali e culturali acquistano una nuova e crescente rilevanza. In numerosi casi i partecipanti si sono rivolti ai saperi locali e alle conoscenze indigene, che rappresentano patrimoni antichi preziosissimi e profondamente radicati nei territori e nelle comunità. Attraverso il lavoro degli architetti e dei progettisti questi saperi possono essere riscoperti, valorizzati e tramandati, contribuendo a una riflessione condivisa su che cosa significhi davvero progettare in modo responsabile e consapevole oggi. Ora più che mai è evidente che l’unica architettura possibile è quella capace di fare propri i temi della riparazione, del riuso e della rigenerazione coinvolgendo attivamente le comunità che abitano da sempre i luoghi oggetto di interesse di questa stessa idea di architettura, rendendole parte integrante e attiva dei processi di trasformazione.
La scorsa edizione il modulo abitativo di emergenza di Norman Foster Foundation ai Giardini della Marinaressa ha catalizzato l’attenzione internazionale. Entriamo nella mostra 2025: quali sono i progetti che più sapranno sorprendere per originalità di visione e spessore speculativo i visitatori a Palazzo Mora, Palazzo Bembo e ai Giardini della Marinaressa?
Tra i progetti più significativi vi è certamente quello prodotto dalla collaborazione tra Elemental e Holcim ai Giardini della Marinaressa, che propone soluzioni abitative realizzate con un cemento arricchito di Biochar, un materiale antichissimo capace di rigenerare il suolo e di renderlo più fertile trattenendo CO2 per secoli.
Molti partecipanti qhanno scelto installazioni analogiche e sensoriali. Penso, ad esempio, a A-Interiors, che ha trasformato una stanza di Palazzo Mora in un’oasi per i sensi attraverso un raffinato intervento di design e artigianato. Un altro progetto straordinario è quello di Semillas, sempre a Palazzo Mora, che racconta le voci silenziate di una comunità di indigeni dell’Amazzonia Peruviana e il lavoro dello studio al fine di integrare queste conoscenze nei curricula scolastici in Perù al pari delle materie scientifiche.
Molto interessante anche l’installazione di MVRDV, realizzata in collaborazione con Metadecor e ARUP ai Giardini della Marinaressa, che esplora il potenziale del design solare attraverso un arco composto da piccole scaglie mobili che reagiscono alla luce creando ombra d’estate. Un progetto capace di stimolare e innescare nuove idee per spazi pubblici e privati. La natura rimane una fonte inesauribile di ispirazione: un esempio è il progetto PolliNation di Virginia Tech College of Honors e Cloud 9, un padiglione pensato per ripristinare la biodiversità nella Laguna di Venezia celebrando il ruolo essenziale degli impollinatori.
Di assoluto interesse anche il progetto dello studio canadese Henriquez Partners Architects, realizzato in collaborazione con ARUP a Palazzo Bembo, ispirato all’ultimo esemplare rimasto di una spugna marina, la Hexactinellida Symplasma, scoperta al largo delle coste del Pacifico nord-occidentale.
Una collaborazione importante quella con ArchDaily, che quest’anno si consolida e diventa parte stessa della mostra con la prima retrospettiva New Practices. Com’è nato il progetto e come si configura?
ArchDaily è stato nostro media partner già nelle scorse edizioni. Grazie alla loro piattaforma abbiamo scoperto progetti molto interessanti in particolare da parte dei più giovani, degli architetti emergenti. Da qui è nata l’idea di unire le forze al fine di creare un progetto condiviso che valorizzasse queste voci. La mostra New Practices è un modo concreto per sostenere e valorizzare il lavoro di voci nuove, offrendo loro visibilità nel contesto di una cornice internazionale quale Time Space Existence. I criteri di selezione li abbiamo elaborati congiuntamente basandoci sui temi curatoriali di fondo di questa edizione di Time Space Existence, repair, regenerate, reuse, cercando di individuare pratiche capaci di sperimentare nuovi linguaggi, approcci e soluzioni. È una retrospettiva che racconta il presente e guarda al futuro, mostrando la vitalità e la varietà della nuova generazione di architetti e designer.
Si rinnova anche la collaborazione con EUmies Awards – Young Talent 2025, premio dedicato ai giovani architetti ed Evento Collaterale della 19. Biennale Architettura ospitato nell’ambito di Time Space Existence a Palazzo Mora. Quale il bilancio di questo “giovane” Premio?
È per noi un grande onore collaborare con la Fondazione Mies van der Rohe di Barcellona e ospitare a Palazzo Mora sia i progetti finalisti, sia la cerimonia di premiazione dell’EUmies Awards – Young Talent. Ogni anno restiamo colpiti dalla qualità e dall’originalità dei progetti presentati dagli studenti, che offrono uno sguardo fresco e coraggioso sul futuro dell’architettura. Collaboriamo da diversi anni con la Fondazione; una partnership diventata ancora più significativa per ECC da quando, nel 2023, io e la mia collega Lucia Pedrana, co-direttrice di ECC, facciamo parte del comitato dei nominatori dell’EUmies Award. Spesso segnaliamo progetti che sono parte della nostra mostra, contribuendo così attraverso il nostro lavoro diretto a creare un dialogo virtuoso tra le pratiche emergenti. È un’occasione preziosa per diffondere nuove idee e dare visibilità a talenti in erba, promuovendo una cultura architettonica sempre più attenta al benessere dei cittadini, alla sostenibilità e alla rigenerazione dei territori. Questa collaborazione conferma la nostra volontà di sostenere e costruire una comunità progettuale aperta, inclusiva e orientata al futuro.
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