Il corpo rivoluzionario

Anna Maria Maiolino premiata nella Biennale degli Stranieri Ovunque
di Luigi Crea
Anna Maria Maiolino Biennale Arte 2024

Trasferitasi all’età di 18 anni in Brasile, l’artista italo-brasiliana è un simbolo dell’arte contemporanea latino-americana e più nello specifico brasiliana. Nella sua produzione spesso ritorna l’utilizzo della bocca, della lingua e del linguaggio come medium. I suoi lavori nascono dall’atmosfera politica brasiliana del tempo e sono carichi di un forte impeto rivoluzionario.

Trasferitasi all’età di 18 anni in Brasile, Anna Maria Maiolino è un simbolo dell’arte contemporanea latino-americana e più nello specifico brasiliana. Nella sua produzione spesso ritorna l’utilizzo della bocca, della lingua e del linguaggio come medium. I suoi lavori nascono dall’atmosfera politica brasiliana del tempo e sono carichi di un forte impeto rivoluzionario. Nella serie Fotopoemação (Photopoemaction), 1974, l’artista si ritrae fingendo l’atto di mutilarsi con delle forbici la lingua, il naso, gli occhi. Secondo Maiolino «In un momento di repressione e tortura, tutti i corpi divengono un solo corpo nel dolore». L’artista con il suo corpo torturato sta rappresentando tutti i corpi che nella fase repressiva dittatoriale brasiliana vengono censurati e perseguitati. Nel film Super 8, Y, del 1974, le intense emozioni vengono nuovamente espresse attraverso il volto e i gesti dell’artista. Il film inizia con uno schermo nero e suoni inquietanti, seguito da un primo piano di Maiolino bendata, con la bocca spalancata in un grido di dolore. Dopo alcune alternanze di buio, le urla aumentano di intensità, accompagnate da gemiti e lacrime, fino a quando il suo volto occupa l’intero schermo. L’artista sussurra brevi frasi in portoghese, tra cui «Vieni con me», «Coraggio! Coraggio!», «Quando la più semplice onestà veniva chiamata coraggio» e infine «Non dire mai mai», esprimendo dolore ed angoscia, ma al contempo anche anelito alla resistenza e speranza per il futuro. In In-Out (Antropofagia), 1973-‘74, i primi piani di due bocche occupano l’intero schermo. All’inizio, del nastro adesivo nero copre la bocca, rendendo impossibile il parlare. Una volta rimosso il nastro, vi sono due bocche – una con rossetto rosso, una con rossetto nero; una maschile, una femminile – che cercano di comunicare. Le bocche si muovono ma non vi è un discorso; vi sono solo grida, risate, rumori. In scatti successivi si vedono denti minacciosi, una bocca che inghiotte un filo nero e fa traboccare fili rossi, beige e neri, una bocca che stringe un uovo.

Anna Maria Maiolino, Por um Fio (Per un filo), 1976

Le bocche sono attive, ma disincarnate e incapaci di esprimere un significato linguistico chiaro. La bocca è centrale nell’opera di Maiolino, ma con una nuova funzione, anche nell’opera fotografica Por um fio (Per un filo) del 1976, dove l’artista si ritrae tra sua madre e sua figlia con un filo che collega le loro bocche, creando un senso di continuità e connessione. Le tre donne, disposte per età, fissano lo spettatore con le bocche chiuse. Questo lavoro riflette il ruolo famigliare di Maiolino e la sua linea matriarcale. Nel contesto brasiliano delle arti negli anni ‘60 e ‘70 le opere considerate personali venivano respinte come semplicistiche e demagogiche. Maiolino sfida, quindi, il regime prima politico e ora anche artistico mostrandosi come madre, figlia e donna contro ogni tipo di censura. Il filo che le unisce rappresenta un legame transatlantico tra una madre ecuadoriana, una figlia italiana e una nipote brasiliana. Per tutte queste profonde tematiche e ragioni non sorprende, quindi, che il curatore della 60. Esposizione Internazionale d’Arte Adriano Pedrosa abbia deciso di premiare Anna Maria Maiolino con il Leone d’Oro alla Carriera. La mostra Stranieri Ovunque / Foreigners Everywhere, incentrata su artisti che hanno viaggiato e migrato tra diversi Paesi, era destinata a riconoscere il lavoro pionieristico a riguardo di Maiolino, che incarna appieno lo spirito di questa Biennale.

 

Immagine in evidenza: Anna Maria Maiolino – Photo Livia Gonzaga
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