Tonnellate di stoffa nera nelle bobine, file di maniche nere, strumenti e cartamodelli neri: in una frastornante assenza di colore che evoca un oscuro incubo, Gerardo Goldwasser (Montevideo, 1961) propone una riflessione critica sui modi in cui le società coprono ed espongono i corpi e sulle forme con cui ogni essere umano si percepisce come persona, costruendo il proprio aspetto. La storia/memoria familiare diventa l’innesco per parlare di una storia del mondo universale/condivisa. Memoria personale e trauma sono la chiavi di lettura: tutto, infatti, prende le mosse da un manuale di sartoria tedesco che l’artista ha ereditato dal nonno, un sarto ebreo che grazie alla sua professione, confezionando divise, riuscì a salvarsi da Buchenwald per approdare poi Uruguay.