Con un focus geografico e concettuale che si estende dal Regno Unito alla Great Rift Valley in Kenya, l’esposizione propone un’architettura non estrattiva, orientata alla riparazione, alla restituzione e al rinnovamento. Ideata da un team multidisciplinare che riunisce progettisti britannici e kenioti, l’installazione esplora architettura e colonizzazione come sistemi paralleli e interconnessi, re-immaginando la pratica architettonica come forma di resistenza alle crisi climatiche e sociali. Il Padiglione britannico si trasforma così in uno spazio critico per ripensare il rapporto tra architettura, geologia e giustizia.