(2022, USA, 101')
Nel 1965 lo scrittore statunitense James Herlihy dava alle stampe un libro, Midnight Cowboy, la cui fortuna si sarebbe ingigantita appena quattro anni dopo con l’uscita dell’omonimo film diretto da John Schlesinger. Era un film sconvolgente, tanto in positivo quanto in negativo: la prepotente crudezza di dettagli espliciti legati al degrado sociale in cui sguazzano i protagonisti Joe (Jon Voight) e Rizzo (Dustin Hoffman), assuefatti da delinquenza, prostituzione, omosessualità in una “Grande Mela” solo apparentemente idilliaca, aveva suscitato reazioni di pubblico contrastanti e obbligato alla censura ai minori di 17 anni. Tuttavia, il suo essere vibrante manifesto di una realtà socio-culturale newyorkese immersa nelle torbide acque dei movimenti di emancipazione femminile e di liberazione nera e nella tensione soporifera del tracollo economico, non era passato inosservato: tre premi Oscar e cinque BAFTA Awards sono stati il degno riconoscimento a questo archetipo della Nuova Hollywood. Quest’anno quello della produttrice Nancy Buirski è il trionfo del grande “cinema ritrovato”: il suo racconto documentario torna al capolavoro di Schlesinger raschiandone meglio la superficie, sondandone i retroscena, curiosandone il contesto di produzione e gli attori in campo, chiarendo – una volta per tutte – cosa abbia reso due canaglie squattrinate il simbolo del disagio collettivo.