Chiamata affettuosamente “maga” da André Breton, alla sua prematura morte (aveva 55 anni) lasciò un’eredità fortemente femminista. La sua forza visiva deriva dalla relazione tra mondo umano e animale, tra quello onirico e quello magico e alchemico, tra pensiero razionale e fantasia. La vasta gamma di simboli ermetici e mistici nei suoi dipinti compongono quasi un percorso iniziatico, «come se dipingesse con gli occhi piuttosto che con le mani» (Octavio Paz). Popolate da personaggi androgini, le sue opere creano un curioso doppio gioco: l’artista si nasconde dietro ai suoi personaggi, tanto quanto i personaggi si nascondono dietro di lei.