80 fotografie, 13 murales, un’esperienza di realtà aumentata e un archivio dei suoi strumenti di lavoro. Dal 21 giugno una mostra curata da Marc Mayer ripercorre la carriera del fotografo canadese, esploratore dei confini tra etica ed estetica e osservatore impareggiabile del rapporto tra Uomo e Natura.
In my work, I’ve pursued a journey of creating a visual language that puts our dilemma in front of us without diverting our eyes or our attention. In the infinite universe of possibilities, the pursuit of beauty and the archetypes that are deeply embedded in our collective human consciousness feels like a worthy endeavour
Edward Burtynsky
Estrazione e astrazione, attorno a questa assonante dualità si sviluppa l’ampia monografica dedicata a Edward Burtynsky ospitata in anteprima italiana all’M9 – Museo del ’900 dopo il debutto alla Saatchi Gallery di Londra. In oltre quarant’anni di carriera il fotografo canadese ha attraversato il mondo testimoniando la complessa relazione tra Uomo e Natura e catturando gli effetti altrimenti invisibili che industrializzazione e sviluppo hanno impresso sul nostro Pianeta come segni indelebili su un corpo ferito. Eppure, queste cicatrici della Terra nelle grandi fotografie di Burtynsky si trasformano in immagini di struggente bellezza che restituiscono ipnotiche visioni immersive, paesaggi seducenti e sublimi visioni a volo d’uccello in cui i confini tra etica ed estetica sembrano dissolversi. Curata da Marc Mayer, già direttore della National Gallery of Canada e del Musée d’Art Contemporain di Montreal, l’esposizione raccoglie oltre 80 fotografie di grande formato, 13 murales ad alta definizione, un’esperienza di realtà aumentata e una sezione inedita, Archive of Process, che mostra gli strumenti e le fotocamere utilizzate dal fotografo per realizzare quelle che egli definisce “le mie incursioni industriali su larga scala nel pianeta”.
Fa parte della mostra anche un’installazione multischermo dal titolo In the Wake of Progress (Sulla scia del progresso). Realizzata nel 2022 e proiettata in varie occasioni in spazi densamente commerciali, su schermi solitamente occupati dalla pubblicità, l’opera mostra valanghe di rifiuti metallici, detriti e fanghi avvelenati come contrappunto allo stordimento del consumismo. Mentre il mondo affronta la realtà del cambiamento climatico e del degrado ambientale, il lavoro di Burtynsky è più rilevante che mai e si erge come un potente monito che tuttavia non assume mai i toni della predica, invitando piuttosto alla riflessione e sfidando l’osservatore a considerare il proprio ruolo nell’ecosistema globale. Attraverso il suo obiettivo, più rivelatore che punitivo, Burtynsky ci costringe a guardare più da vicino, a pensare più profondamente e ad agire con maggiore responsabilità.