Il Teatro La Fenice accoglie il balletto Romeo e Giulietta di John Neumeier, un debutto che conferma il lungo legame di amicizia tra il celebre Hamburg Ballet e lo storico palcoscenico veneziano.
Il nostro Romeo e Giulietta inizia nel 1935, quando Sergej Prokof’ev lo compone. La prima al Bol’soj salta, i danzatori ritengono troppo difficile questa musica innovativa e apparentemente spigolosa. Tra i critici, ahimè, anche Pasternak. Viene proposto, quasi in sordina, nel 1938 a Brno in Cecoslovacchia, ma la successiva ripresa al teatro Kirov, oggi Mariinskij, a San Pietroburgo è un successo. Merito anche della prima ballerina Galina Ulanova, dell’interpretazione della quale abbiamo la testimonianza storica in una pellicola del 1954. Perché, importante annotazione, questo balletto è una pièce teatrale ballata. Facciamo attenzione all’apparire di Giulietta, ancora bambina che si muove velocissima, leggera come una piuma, piccoli passi a mezza punta con la musica in una tonalità maggiore solare con passaggi virtuosissimi, o, ancora, l’incontro tra Capuleti e Montecchi con una danza ritmata, che richiama il potere, le armi, la forza, una sorta di sarabanda riscritta con accordi innovativi, quasi jazzistici.
La musica combina in modo sorprendente vari elementi stilistici, dal canto gregoriano, alla musica romantica, da ritmi latino americani (Mercuzio) al ragtime. Va colta, seconda annotazione, la ricerca di affidare ad ogni personaggio principale un proprio leit motiv. I danzatori sono costretti ad abbandonare i passi standard del balletto per rappresentare una situazione teatrale.
Il primo coreografo Lavrovsky lavorò molto sull’aspetto scenico, all’Hermitage studiò i pittori italiani rinascimentali. Le principali coreografie non hanno tradito i principi ispiratori fondamentali, salvo mettere in secondo piano il tema delle istanze sociali, caro al regime sovietico di allora, per far prevalere la passione amorosa e il dramma dei protagonisti. Storiche le coreografie di John Cranko, anche a Venezia al Teatro Verde nel 1958 con Carla Fracci, di Kenneth MacMillan nel 1965 con Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, poi dello stesso Nureyev, che fece impazzire il pubblico della Scala con Carla Fracci nel 1980.
John Neumeier è uno degli ultimi eredi della tradizione classica, ballerino solista a Stoccarda con Cranko, poi a Francoforte sino al 1973. É qui che nel 1971 crea la prima coreografia di Romeo e Giulietta, poi approda alla direzione dell’Hamburg Ballet che guida ininterrottamente sino ad ora.
La sua attuale versione, in scena al Teatro La Fenice dal 15 al 19 gennaio, coniuga tutti gli aspetti classici arricchendoli con un sapiente uso delle luci e costumi che talvolta lasciano la foggia storica per meravigliosi e significativi bianchi e neri o chiazze di rosso scarlatto. Non dimentica certo il carattere teatrale dei personaggi, lo spettacolo coreutico mantiene un forte impatto scenico. È sua questa definizione di danza: «È un’arte speciale, immagini senza parole e, grazie all’alchimia che si crea tra coreografo e ballerino, ballerino e spettatore, suscita una emozione che rivela la parte più nascosta di noi e la nostra più comune appartenenza al genere umano».
Se potessi incontrare John Neumeier mi piacerebbe chiedergli quale è il suo film preferito, e sono sicuro che mi citerebbe West Side Story.