Paolo Cevoli racconta in chiave ironica il viaggio di Enea, paragonandolo a quelli di Colombo, Cappuccetto Rosso, il vichingo Ragnar e suo babbo Luciano, emigrato in Australia negli anni ‘50.
Enea fugge da Troia in fiamme con il padre sulle spalle e il figlio per mano, portando con sé le proprie radici e la speranza per il futuro. Dopo mille peripezie giunge alla foce del Tevere, dove sacrifica una scrofa e i suoi maialini: l’epico viaggio del fondatore di Roma si conclude con un picnic a base di panini alla porchetta.
Cevoli ripercorre l’Eneide per riscoprire le radici italiane, così come fece Virgilio che la scrisse per dare nobili origini agli antichi romani, nostri progenitori. Deve aver pensato: piuttosto che essere figli di nessuno meglio essere figli di Troia.