Venezia Classici è diventata un modo per avvicinare a determinate pellicole un pubblico giovane, che ormai costituisce la maggioranza della Mostra e che questi film non li ha mai potuti vedere in condizioni ottimali, se non su YouTube con risoluzioni spesso pessime, senza sottotitoli, ai limiti della fruibilità. Vuol dire far capire a queste generazioni l’importanza e la bellezza di un patrimonio senza il quale è impossibile apprezzare il cinema di oggi, frutto di tutto quello che lo ha preceduto.
L’industria del restauro è in continua crescita in questi anni, vi è quindi di anno in anno una possibilità di scelta sempre più ampia. Tanto per fare un paio di esempi relativi a importanti cinematografie internazionali, il governo giapponese ha dato alla Japan Film Foundation molti soldi destinati a restaurare il patrimonio classico giapponese, la Francia ha fatto lo stesso negli ultimi anni. È in corso di restauro praticamente tutto… E poi ci sono i soggetti privati: le produzioni sanno che restaurare l’archivio ha anche un valore commerciale e quindi restaurano i classici per distribuirli poi sulle piattaforme. Ora è diventata buona abitudine farli uscire anche in sala, con buona risposta di pubblico. Un processo virtuoso, che ha avuto di sicuro anche una sua vigorosa spinta dettata da motivazioni commerciali, in questo caso quanto mai provvidenziali.