Punti di non ritorno

Paolo Pellegrin, testimone del nostro tempo
di Marisa Santin

Alle Stanze della Fotografia, una selezione di oltre 300 scatti abbracciano un periodo che va dal 1995 a oggi e ci offrono un dettagliato resoconto dell’attività sul campo di uno dei massimi fotografi del nostro tempo.

I’m more interested in a photography that is ‘unfinished’ – a photography that is suggestive and can trigger a conversation or dialogue. There are pictures that are closed, finished, to which there is no way in (Paolo Pellegrin)

In fisica, “l’orizzonte degli eventi” indica una previsione teorica collegata ai buchi neri basata sulla relatività di Einstein. Semplificando, una volta raggiunto l’orizzonte degli eventi di un oggetto cosmico massivo la gravità è tale che niente, nemmeno la luce, può sfuggire alla sua forza di attrazione. È un concetto tanto affascinante quanto lontano dall’esperienza umana, ma possiamo immaginarlo come un evento così intenso e definitivo da cambiare il corso delle nostre vite. Dalla parte di chi osserva, invece, l’orizzonte degli eventi può essere inteso come il confine sottile tra il qui e l’altrove; tutto ciò che si trova al di là di questo confine sparisce alla nostra vista, così come spariscono alla nostra vista – e alla nostra coscienza – molte delle drammatiche vicende della contemporaneità. Con lo sguardo rivolto ad alcune delle situazioni più complesse e urgenti del nostro tempo Paolo Pellegrin (Roma, 1964) è stato spesso testimone di “punti di non ritorno”, catturando il momento decisivo oltre il quale, nello spazio o nel tempo, niente è più come prima e il futuro prende improvvisamente una direzione diversa. La mostra Paolo Pellegrin. L’orizzonte degli eventi, in corso alle Stanze della Fotografia sull’Isola di San Giorgio e curata da Denis Curti e Annalisa D’Angelo, restituisce attraverso un allestimento di grande effetto scenografico alcune tappe fondamentali della carriera di Pellegrin, trent’anni di attività – in gran parte associati all’agenzia Magnum – durante i quali il fotografo si è concentrato su vari temi inerenti la condizione umana, dalle guerre agli effetti del cambiamento climatico.

Civili arrivano a Tiro dopo essere fuggiti dai loro villaggi nel Sud del Libano durante i raid aerei israeliani. Tiro, Libano 2006 © Paolo Pellegrin / Magnum Photos

Una selezione di oltre 300 scatti, tra cui un reportage inedito realizzato nell’Ucraina dell’attuale conflitto, abbracciano un periodo che va dal 1995 ad oggi e ci offrono un dettagliato resoconto dell’attività sul campo del fotografo. I drammatici scontri in Iraq, le battaglie fra Israele e Gaza, le forze peshmerga curde al fianco delle truppe irachene durante l’offensiva di Mosul contro lo Stato islamico, la guerra del Libano tra Israele e Hezbollah, le donne nigeriane sopravvissute alle violenze di Boko Haram, il muro di confine tra Stati Uniti e Messico concepito come una serie di barriere verticali che si snodano lungo il paesaggio desertico, i detenuti del centro di Guantánamo a Cuba, le persone che fuggono dalla Libia di Gheddafi, i rifugiati ammassati sull’Isola di Lesbo in Grecia, le storie di solitudine urbana durante il Covid, ma anche gli effetti del devastante tsunami in Giappone o gli incendi che hanno flagellato l’Australia distruggendo oltre 46 milioni di ettari di terreno. L’allestimento non segue un filo cronologico ma abbraccia come un corpo unico scatti collocati in tempi e luoghi diversi, includendo lavori che si discostano dal puro reportage per avvicinarsi all’arte figurativa. Sembrano dei dipinti ad olio le trenta serigrafie “a volo d’uccello” che mostrano un ambiente in continua trasformazione, realizzate in Namibia, Antartide, Islanda e Groenlandia, o i volti di persone che escono dalla metropolitana di Tokyo chiuse nei loro pensieri.

 

Immagine in evidenza: Angelina gioca a casa di sua nonna Sevla, Roma, Italia 2015 © Paolo Pellegrin / Magnum Photos

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