Cinema a immersione

Incontro con Lev Manovich, guru della creatività digitale
di Riccardo Triolo
  • venerdì, 2 settembre 2022

Pensatore e artista Lev Manovich dice la sua su cinema, festival, tecnologia e arte immersiva digitale.

Per introdurre a dovere la sezione Venice Immersive, dedicata ai progetti immersivi, abbiamo incontrato Lev Manovich, il guru del pensiero e della creatività digitali. Suo il fondamentale Il linguaggio dei nuovi media (Edizione Olivares, 2001), che da vent’anni si studia nelle università di tutto il mondo. Pensatore e artista, Manovich si è espresso recentemente sull’estetica dell’IA (L’estetica dell’intelligenza artificiale, Luca Sossella Editore, 2020) e qui dice la sua su cinema, festival, tecnologia e arte immersiva digitale.

La Mostra è il festival cinematografico più antico al mondo: ha contribuito non poco a legittimare il cinema tra le arti e oggi affronta nuove sfide, aprendosi alle produzioni immersive. C’è ancora posto per il buon vecchio cinema?
Il ventesimo secolo è stato dominato dal cinema e credo che lo sarà anche il secolo attuale. Il cinema offre una perfetta fusione tra narrazione, spettacolarità e performance umana avvalendosi di uno schermo piatto, un’interfaccia semplice. Da millenni le culture umane usano questo tipo di interfaccia per produrre immagini o per scrivere. Inoltre il cinema, grazie al grande formato e all’audio spazializzato, è in grado di offrire un’esperienza davvero immersiva che non è facile ospitare su schermi più piccoli. Senza contare il fatto che i nuovi media, come i videogames, le narrazioni interattive o la realtà mista fanno sempre riferimento al cinema. Se una scena prodotta dall’intelligenza artificiale (con Midjourney, ad esempio) funziona, si dice che è “cinematografica”…

Venice Immersive è una sezione interamente dedicata a progetti immersivi, narrativi o non narrativi. L’immersività è una categoria estetica o una tendenza significativa nella produzione artistica attuale? E quali sono le sue caratteristiche?
Io considero l’immersività non tanto una caratteristica dell’opera in sé, quanto piuttosto una condizione del fruitore. Possiamo sentirci immersi leggendo o ascoltando musica, non soltanto giocando a un videogioco o dentro un ambiente virtuale. Allo stesso tempo, ogni forma d’arte offre ai creatori le proprie tecniche per generare esperienze immersive. Il cinema ad esempio combina tecniche tratte da letteratura e teatro, con l’aggiunta del montaggio e del sound design; le realtà miste possono contare sull’interattività e potenzialmente su elementi mutuati dal videogame. Ma ricordiamoci che più opzioni e tecniche abbiamo a disposizione, più difficile è creare un’opera che le includa tutte…

Ultimamente si è occupato di Intelligenza Artificiale nel processo creativo, ma anche come filtro che orienta l’attenzione e le scelte del pubblico, col rischio di un appiattimento del gusto e del senso critico. Quale può essere allora il ruolo dei festival?
Esistono molti sistemi di selezione dei contenuti al giorno d’oggi, più o meno specializzati. Nessuno di questi sistemi può garantire la bontà della proposta. Alcuni sono costruiti per stupire, offrendo contenuti atipici rispetto al profilo degli utenti. Altri sintetizzano il giudizio di critici di settore (come il ranking di Rotten Tomatoes, ad esempio). I festival hanno un ruolo unico per poter superare questi sistemi di selezione e filtraggio, ad esempio invitando film ‘difficili’ o che presentano contenuti impopolari…

Con quale sguardo dobbiamo accostarci a questa sezione che interpreta i parametri artistici più attuali, come l’immersività e l’interattività? Si profilano nuovi riferimenti estetici?
Le nuove tecnologie mescolano i parametri più diversi: alcuni videogiochi sono molto cinematografici e mutuano l’estetica del realismo fotografico degli anni ‘80, nel metaverso di NFTWorlds domina l’estetica 2D e i colori saturi, le più recenti immagini sviluppate dall’intelligenza artificiale sulla base di input testuali, ad esempio con Midjourney, fanno riferimento all’illustrazione fantastica. Il digitale insomma può attingere molto dal passato, la vera domanda è: dopo la straordinaria esplorazione del visibile condotta nel secolo scorso dal cinema e dalle arti, c’è ancora spazio per l’invenzione? Non saprei…

Ogni forma d’arte ha il suo pubblico e il suo mercato. Crede che cinema e produzione immersiva coinvolgano pubblico e mercati differenti? 
Il cinema esiste da 125 anni ed è diventato rapidamente un’industria globale. Oggi si producono videogame con budget altissimi, persino più elevati che nelle produzioni cinematografiche spettacolari. Alcuni sostengono che questa tendenza rassicuri il mercato: produrre ad alto budget implica in genere minore spazio per rischiosi sperimentalismi. Le opere d’arte immersiva possono contraddire oggi questo principio, offrendo maggiore spazio alla libertà espressiva e raggiungendo allo stesso tempo il grande pubblico? C’è da augurarselo!

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